La Prehistòria i la Mar
2024
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V
L PREISTORI E IL M RE
RI SORSE MA R INE NEL PA SSATO
Introduzione
Conoscere come si
utilizzarono le risorse
marine (molluschi,
crostacei, pesci, uccelli e
mammiferi) nella Preistoria
aiuta a comprendere la storia
della dispersione umana nel
pianeta. Le coste e i grandi
bacini riuniscono un’amplia
varietà di nutrienti che furono
essenziali per la nostra evoluzione
come specie. Allo stesso tempo,
sono serviti come grandi strade di
comunicazione nelle loro migrazioni
e come punto di riferimento per
l’incontro dei gruppi umani dispersi.
In questa rassegna si mostrano le
risorse marine documentate nei giacimenti
archeologici della regione centrale
dell’area mediterranea iberica, dagli inizi
del Paleolitico superiore fino all’Età del
Bronzo, tra i 35.000 e i 3.300 anni prima
del tempo attuale, custoditi attualmente
nel Museo Preistorico di Valencia.
Gli antecedenti dello sfruttamento delle
risorse marine
Le prime testimonianze di consumo
delle fonti marine sono molto scarse e
provengono dai giacimenti africani di più
di un milione di anni fa. 165.000 anni
fa, con l’espansione dell’Homo Sapiens,
cozze e patelle furono raccolte per essere
consumate, e tra i 100.000 e i 70.000 anni
appaiono i primi oggetti di decorazione
personale.
In Europa il primo utilizzo delle
risorse del mare si associa agli uomini di
Neanderthal, che vissero nel litorale del
sud della penisola iberica 150.000 anni
fa. Si tratta di foche, cetacei – soprattutto
delfini – e molluschi, come patelle e cozze.
I gusci dei molluschi bivalvi si utilizzarono
inoltre per fabbricare utensili simili a quelli
della pietra, o furono usati senza essere
modificati, come tavolozze o contenitori
dell’ocra, e si impiegarono come
ornamenti equivalvi dei generi Glycymeris e
Acanthocardia, raccolti nelle spiagge.
La genericità dell’uso delle decorazioni
personali avviene con lo sviluppo del
Paleolitico superiore, nei contesti associati
alla nostra specie.
La regione mediterranea iberica
I cambi nel livello del mare
e i suoi effetti riguardo la
posizione della costa hanno
pregiudicato la salvaguardia
dei giacimenti archeologici
costieri. Alcuni esempi possono
mostrare il raggiungimento
dell’inondazione della pianura
litorale dall’ultimo Massimo
Glaciale, 21.000 anni fa. Al nord
del Capo della Nave l’ampiezza
della superficie inondata oscillò tra
i 40 km davanti a Gandia e più di
100 km nel sud del delta dell’Ebro.
Per questa ragione, nel Golfo di Valencia
non si conoscono giacimenti costieri fino
all’inizio dell’Olocene, 9.000 anni fa,
momento nel quale la costa aveva una
posizione prossima a quella attuale.
Nel sud, nelle coste andaluse del Mare
di Alborán, la morfologia del margine
continentale ha impedito cambi tanto
marcati nella posizione della costa. Lì, si
conservano luoghi che attualmente sono al
di sopra della costa, ma che negli episodi
con un livello del mare più basso erano
distanti solo 5 km dalla posizione del mare.
Pesca e frutti di mare
Il mezzo marino offriva numerose risorse
alimentari per i gruppi preistorici. La
sua raccolta non richiedeva complesse
attrezzature tecniche, e si poteva realizzare
in maniera collaborativa da parte di tutti
i membri del gruppo, includendo persone
di ogni età. In particolar modo la raccolta
dei molluschi delle scogliere, visibili
e facili da raccogliere, si sarebbe fatta
manualmente.
Gli strumenti più antichi relazionati
con la pesca sono scarsi. Punte seghettate,
arpioni, piccoli oggetti a doppia punta e
ossi del Paleolitico superiore si relazionano
con questa attività, resistendo fino al terzo
millennio prima del presente. L’impiego
di materiali deteriorabili come il legno e
le fibre vegetali, utili per confezionare reti
e trappole, documentate 9.000 anni fa
nel nord d’Europa e che al giorno d’oggi
continuano ad essere utilizzate nella pesca
tradizionale del Mediterraneo, possono
essere discusse solamente con prove
indirette.
Consumo e conservazione
Il pesce più consumato durante tutta la
preistoria valenciana è l’orata che, insieme
ad altre specie – spigola, ombrina, muggine
e pastinaca – e le vongole, indicano lo
sfruttamento di zone umide costiere con
fondali sabbiosi – paludi e lagune – e aree
dell’estuario. Inoltre, si sfruttarono le risorse
rocciose della zona intertidale, nella quale si
raccolsero patelle, littorine e murici.
Oltre al consumo di questi prodotti
negli insediamenti litorali, si riscontra il
trasporto di molluschi bivalvi e di pesci
marini verso i giacimenti dell’interno,
con una distanza superiore ai 35 km,
sviluppandosi nella costa e contribuendo
come riserva alimentare per gli spostamenti
verso l’interiore del mare.
Riguardo le forme di consumo e le
tecniche di conservazione del pesce, in
alcuni siti ci sono tracce di affumicatura, ed
è probabile che l’essiccazione fosse un’altra
opzione, come quella usata attualmente a
Formentera, dove i corpi aperti e senza testa
di differenti specie di piccoli squali e razze,
si seccano al sole appesi ai rami di ginepri.
In merito ai molluschi, poterono
essere consumati crudi, bolliti o cotti al
vapore versando acqua sopra lastre di pietre
bollenti.
Oggetti con gusci di molluschi
Alcuni gusci di molluschi vennero
impiegati per la realizzazione di utensili o
semplicemente utilizzati. Con i precedenti
nel Paleolitico medio, è durante il
Paleolitico superiore che disponiamo di più
tracce. A Parpalló, molti dei resti del Pecten
documentati mostrano segni di essere stati
adoperati come strumenti, e 10.000 anni
fa in Catalogna si fabbricarono oggetti a
doppia punta, punte e lastre ritoccate, come
i litici realizzati con i bordi di un lembo di
una specie indeterminata.
Tra il Neolitico e l’Età del Bronzo, nei
giacimenti delle zone centrali valenciane,
si documentano conchiglie marine usate
come utensili. Le più utilizzate sono quelle
del genere Glycymeris con segni di impiego
– abrasioni, micro-striature, lucidi, lustri,
ritocchi o presenza di colorante – che
ci indicano il suo uso come recipiente
di colori, o come levigante – brunitori
applicati su materie morbide (pelle e
ceramica).
Saltuariamente, si confezionarono
alcuni aghi e uno scalpello ricavati con i
bivalvi, grandi chiocciole di mare di tritone
con l’apice eliminato, come strumento
sonoro, cucchiai, sfruttando il canale del
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sifone come manico e il resto come pala,
o in un mestolo rimuovendo la metà
longitudinale.
Oggetti con ossi di cetacei
Nell’ambito cantabrico, tra 17.500 e 15.000
anni fa, alcuni ossi di cetacei vennero
impiegati per fabbricare zagaglie o punte
che si diffusero per i Pirenei occidentali,
con distanze superiori ai 350 km dal mare.
Menzione a parte, per la sua peculiarità,
è l’uso di due vertebre e una costola di
balena, rinvenuta all’interno di alcuni siti
del giacimento di La Vital – Sanxo Llop,
5.800 e 5.200 anni fa. Questi ossi sarebbero
stati recuperati nella spiaggia, sfruttando
l’arenamento di questi grandi mammiferi
marini. Presentano numerose tracce di
percussione e tagli, prodotti da strumenti
leggendari e metallici che indicano il loro
utilizzo come tavoli di lavoro o incudini.
Arte, ornamenti e rituali
L’incremento dei resti marini nella regione
centro – meridionale iberica che si produce
alla fine del Paleolitico superiore e durante
il Mesolitico, sia per scopi nutrizionali che
simbolici, può essere associato all’apparizione
di raffigurazioni, dipinte e incise, di fauna
marina – foche, pesci, uccelli e pinguini nell’arte parietale paleolitica. Nell’ambito
cantabrico, inoltre, si riconoscono
rappresentazioni di fauna marina, e qui i
denti di foche e cetacei furono impiegati
come decorazioni – ciondoli.
Tecnologia
Durante la Preistoria si utilizzarono materie
prime molto differenti per la realizzazione
di ornamenti. I gusci dei molluschi marini
occuparono un posto dominante, attraverso
l’uso di una grande varietà di specie di
gasteropodi, bivalvi e scafopodi. Un numero
importante di conchiglie fu raccolto dalle
spiagge, già perforate a causa dell’azione
del mare o a causa di qualche animale
litofago. Il resto fu forato con diverse
tecniche, per essere impiegato come perle,
ciondoli, bottoni o spille. Tra le perforazioni
antropiche, si individua l’abrasione
attraverso lo sfregamento di un guscio
contro una roccia arenaria, la percussione
diretta sopra un guscio con una pietra o un
percussore duro, la pressione dall’apertura
della conchiglia con un oggetto pungente
di pietra, osso o legno, l’incisione con un
filo litico e la rotazione realizzata con un
trapano di pietra.
Gli ornamenti
L’uso di determinate specie di molluschi
come decorazioni personali tra l’ampia
varietà che può essere riunita, si considera
riflesso di una scelta notevolmente
culturale e sociale. Si relazionano con il
mondo simbolico, e avrebbero trasmesso
un’informazione che poté far riferimento al
sesso, all’età, a un rituale di passaggio, a una
posizione sociale all’interno del gruppo, o
all’identificazione di un gruppo rispetto ad
un altro.
28.000 anni fa, durante l’inizio del
Paleolitico superiore, i gasteropodi erano i
supporti maggiormente usati. Più tardi,
20.000 anni fa, durante il Massimo glaciale,
dominarono gli scafopodi, e appare il
gasteropodo Nucella lapillus, un marcatore
culturale di quest’epoca fredda, considerato
che, prima e dopo, la sua presenza non è
significativa. Solo alla fine del Paleolitico
superiore, tra il 12.000 e 11.000, i bivalvi
saranno più abbondanti.
Durante il Mesolitico e il Neolitico il
numero di specie impiegate per realizzare
ornamenti si riduce, e la specie che
maggiormente abbonda è il gasteropodo
Columbella rustica.
Con l’introduzione dell’economia di
produzione, iniziano a crearsi adorni di
diversa morfologia totalmente svariati:
perle discoidali, ciondoli ovali, anelli e
braccialetti durante il Neolitico, e bottoni
nel Calcolitico.
I rituali funerari
Interpretare i riti funebri delle comunità
del passato è complesso, poiché suppone
avvicinarsi al comportamento sociale e
culturale di questi gruppi solo attraverso
la cultura materiale. A partire dai resti
umani e dagli oggetti che li accompagnano,
i corredi, si indaga sul loro significato.
In una fossa del giacimento Neolitico di
Costamar (Cabanes), risalente alla fine
del VIII e inizi del VII millennio prima
del tempo attuale, un maschio adulto
venne riposto insieme a sette braccialetti
di pectunculo, con resti di ocra e una
collana con più di 800 perline discoidali
di conchiglia, tra gli altri materiali
malacologici.
Un altro esempio, più complicato, è la
sepoltura di un maschio adulto del Tossal de
les Basses (Alicante), dell’ultimo quarto del
VII e prima metà del VI millennio prima
dell’attualità, associato a una fossa che
conteneva due braccialetti di pectunculo e
TRESORS
Àrea de Cultura
DEL MUSEU
DE PREHISTÒRIA
tre gruppi di materiale malacologico, con
patelle, Phorcus turbinatus e glycymeris.
Queste due sepolture individuali si
interpretano come tombe di persone
importanti in quelle comunità, per i resti
dei corredi rinvenuti.
Gusci e contesti funebri
Il trasporto a giacimenti lontani dalla costa
delle conchiglie senza valore nutrizionale
e senza tracce di manipolazione, evidenzia
che potevano essere considerate amuleti
o relazionarsi con il mondo simbolico.
Esistono esempli del Paleolitico nella
Cova del Parpalló e del Neolitico nella
Cova de l’Or, da dove provengono piste di
conchiglie di murice (Bolinus brandaris)
incredibilmente ben conservate.
Il peso simbolico di questi gusci
risulta più evidente quando sono collocate
in contesti funerari, come succede in
numerose grotte di sepoltura della fine del
Neolitico e del Calcolitico (seconda metà
del VI e V millennio prima di adesso) delle
regioni interne valenciane, dove questi
elementi potevano rappresentare offerte
funerarie. Qui segnaliamo gusci di bivalvi
e di gasteropodi che, in quasi tutti i casi,
furono raccolti nelle spiagge una volta
morto l’animale.
Un caso particolare è la presenza nella
Cova del Cara-sol di Vernissa (Xàtiva) di
dieci Phorcus turbinatus, un gasteropodo
commestibile, senza segni di erosione
marina, per la quale poterono essere
stati raccolti vivi e versati come offerte
alimentarie.
Un delfino in una tomba
Un silo di magazzino di cereali del
giacimento di Sanxo Llop, datato tra il
5.800 e 5.200, dopo essere stato usato, fu
recuperato con fine funebre depositando
un delfino tursiope (Tursiops truncatus)
associato a una sepoltura secondaria con
resti di un maschio adulto.
Non si riscontra nessun segno di
manipolazione antropica che indichi
che il delfino fosse stato mangiato; il che
rileva che l’animale si collocò intero come
possibile offerta funebre.
Si tratta di un deposito unico e
straordinario dal momento che in questo
giacimento altre strutture funerarie
contenevano la deposizione di animali
terrestri completi o parziali – cani, bovini,
caprini e suini -, fatto frequente in altri siti
calcolitici peninsulari.
MUSEU DE PREHISTÒRIA DE VALÈNCIA. GIUGNO - NOVEMBRE 2021
Corona, 36. 46003 València · www.museuprehistoriavalencia.es. Seguici su
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L PREISTORI E IL M RE
RI SORSE MA R INE NEL PA SSATO
Introduzione
Conoscere come si
utilizzarono le risorse
marine (molluschi,
crostacei, pesci, uccelli e
mammiferi) nella Preistoria
aiuta a comprendere la storia
della dispersione umana nel
pianeta. Le coste e i grandi
bacini riuniscono un’amplia
varietà di nutrienti che furono
essenziali per la nostra evoluzione
come specie. Allo stesso tempo,
sono serviti come grandi strade di
comunicazione nelle loro migrazioni
e come punto di riferimento per
l’incontro dei gruppi umani dispersi.
In questa rassegna si mostrano le
risorse marine documentate nei giacimenti
archeologici della regione centrale
dell’area mediterranea iberica, dagli inizi
del Paleolitico superiore fino all’Età del
Bronzo, tra i 35.000 e i 3.300 anni prima
del tempo attuale, custoditi attualmente
nel Museo Preistorico di Valencia.
Gli antecedenti dello sfruttamento delle
risorse marine
Le prime testimonianze di consumo
delle fonti marine sono molto scarse e
provengono dai giacimenti africani di più
di un milione di anni fa. 165.000 anni
fa, con l’espansione dell’Homo Sapiens,
cozze e patelle furono raccolte per essere
consumate, e tra i 100.000 e i 70.000 anni
appaiono i primi oggetti di decorazione
personale.
In Europa il primo utilizzo delle
risorse del mare si associa agli uomini di
Neanderthal, che vissero nel litorale del
sud della penisola iberica 150.000 anni
fa. Si tratta di foche, cetacei – soprattutto
delfini – e molluschi, come patelle e cozze.
I gusci dei molluschi bivalvi si utilizzarono
inoltre per fabbricare utensili simili a quelli
della pietra, o furono usati senza essere
modificati, come tavolozze o contenitori
dell’ocra, e si impiegarono come
ornamenti equivalvi dei generi Glycymeris e
Acanthocardia, raccolti nelle spiagge.
La genericità dell’uso delle decorazioni
personali avviene con lo sviluppo del
Paleolitico superiore, nei contesti associati
alla nostra specie.
La regione mediterranea iberica
I cambi nel livello del mare
e i suoi effetti riguardo la
posizione della costa hanno
pregiudicato la salvaguardia
dei giacimenti archeologici
costieri. Alcuni esempi possono
mostrare il raggiungimento
dell’inondazione della pianura
litorale dall’ultimo Massimo
Glaciale, 21.000 anni fa. Al nord
del Capo della Nave l’ampiezza
della superficie inondata oscillò tra
i 40 km davanti a Gandia e più di
100 km nel sud del delta dell’Ebro.
Per questa ragione, nel Golfo di Valencia
non si conoscono giacimenti costieri fino
all’inizio dell’Olocene, 9.000 anni fa,
momento nel quale la costa aveva una
posizione prossima a quella attuale.
Nel sud, nelle coste andaluse del Mare
di Alborán, la morfologia del margine
continentale ha impedito cambi tanto
marcati nella posizione della costa. Lì, si
conservano luoghi che attualmente sono al
di sopra della costa, ma che negli episodi
con un livello del mare più basso erano
distanti solo 5 km dalla posizione del mare.
Pesca e frutti di mare
Il mezzo marino offriva numerose risorse
alimentari per i gruppi preistorici. La
sua raccolta non richiedeva complesse
attrezzature tecniche, e si poteva realizzare
in maniera collaborativa da parte di tutti
i membri del gruppo, includendo persone
di ogni età. In particolar modo la raccolta
dei molluschi delle scogliere, visibili
e facili da raccogliere, si sarebbe fatta
manualmente.
Gli strumenti più antichi relazionati
con la pesca sono scarsi. Punte seghettate,
arpioni, piccoli oggetti a doppia punta e
ossi del Paleolitico superiore si relazionano
con questa attività, resistendo fino al terzo
millennio prima del presente. L’impiego
di materiali deteriorabili come il legno e
le fibre vegetali, utili per confezionare reti
e trappole, documentate 9.000 anni fa
nel nord d’Europa e che al giorno d’oggi
continuano ad essere utilizzate nella pesca
tradizionale del Mediterraneo, possono
essere discusse solamente con prove
indirette.
Consumo e conservazione
Il pesce più consumato durante tutta la
preistoria valenciana è l’orata che, insieme
ad altre specie – spigola, ombrina, muggine
e pastinaca – e le vongole, indicano lo
sfruttamento di zone umide costiere con
fondali sabbiosi – paludi e lagune – e aree
dell’estuario. Inoltre, si sfruttarono le risorse
rocciose della zona intertidale, nella quale si
raccolsero patelle, littorine e murici.
Oltre al consumo di questi prodotti
negli insediamenti litorali, si riscontra il
trasporto di molluschi bivalvi e di pesci
marini verso i giacimenti dell’interno,
con una distanza superiore ai 35 km,
sviluppandosi nella costa e contribuendo
come riserva alimentare per gli spostamenti
verso l’interiore del mare.
Riguardo le forme di consumo e le
tecniche di conservazione del pesce, in
alcuni siti ci sono tracce di affumicatura, ed
è probabile che l’essiccazione fosse un’altra
opzione, come quella usata attualmente a
Formentera, dove i corpi aperti e senza testa
di differenti specie di piccoli squali e razze,
si seccano al sole appesi ai rami di ginepri.
In merito ai molluschi, poterono
essere consumati crudi, bolliti o cotti al
vapore versando acqua sopra lastre di pietre
bollenti.
Oggetti con gusci di molluschi
Alcuni gusci di molluschi vennero
impiegati per la realizzazione di utensili o
semplicemente utilizzati. Con i precedenti
nel Paleolitico medio, è durante il
Paleolitico superiore che disponiamo di più
tracce. A Parpalló, molti dei resti del Pecten
documentati mostrano segni di essere stati
adoperati come strumenti, e 10.000 anni
fa in Catalogna si fabbricarono oggetti a
doppia punta, punte e lastre ritoccate, come
i litici realizzati con i bordi di un lembo di
una specie indeterminata.
Tra il Neolitico e l’Età del Bronzo, nei
giacimenti delle zone centrali valenciane,
si documentano conchiglie marine usate
come utensili. Le più utilizzate sono quelle
del genere Glycymeris con segni di impiego
– abrasioni, micro-striature, lucidi, lustri,
ritocchi o presenza di colorante – che
ci indicano il suo uso come recipiente
di colori, o come levigante – brunitori
applicati su materie morbide (pelle e
ceramica).
Saltuariamente, si confezionarono
alcuni aghi e uno scalpello ricavati con i
bivalvi, grandi chiocciole di mare di tritone
con l’apice eliminato, come strumento
sonoro, cucchiai, sfruttando il canale del
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sifone come manico e il resto come pala,
o in un mestolo rimuovendo la metà
longitudinale.
Oggetti con ossi di cetacei
Nell’ambito cantabrico, tra 17.500 e 15.000
anni fa, alcuni ossi di cetacei vennero
impiegati per fabbricare zagaglie o punte
che si diffusero per i Pirenei occidentali,
con distanze superiori ai 350 km dal mare.
Menzione a parte, per la sua peculiarità,
è l’uso di due vertebre e una costola di
balena, rinvenuta all’interno di alcuni siti
del giacimento di La Vital – Sanxo Llop,
5.800 e 5.200 anni fa. Questi ossi sarebbero
stati recuperati nella spiaggia, sfruttando
l’arenamento di questi grandi mammiferi
marini. Presentano numerose tracce di
percussione e tagli, prodotti da strumenti
leggendari e metallici che indicano il loro
utilizzo come tavoli di lavoro o incudini.
Arte, ornamenti e rituali
L’incremento dei resti marini nella regione
centro – meridionale iberica che si produce
alla fine del Paleolitico superiore e durante
il Mesolitico, sia per scopi nutrizionali che
simbolici, può essere associato all’apparizione
di raffigurazioni, dipinte e incise, di fauna
marina – foche, pesci, uccelli e pinguini nell’arte parietale paleolitica. Nell’ambito
cantabrico, inoltre, si riconoscono
rappresentazioni di fauna marina, e qui i
denti di foche e cetacei furono impiegati
come decorazioni – ciondoli.
Tecnologia
Durante la Preistoria si utilizzarono materie
prime molto differenti per la realizzazione
di ornamenti. I gusci dei molluschi marini
occuparono un posto dominante, attraverso
l’uso di una grande varietà di specie di
gasteropodi, bivalvi e scafopodi. Un numero
importante di conchiglie fu raccolto dalle
spiagge, già perforate a causa dell’azione
del mare o a causa di qualche animale
litofago. Il resto fu forato con diverse
tecniche, per essere impiegato come perle,
ciondoli, bottoni o spille. Tra le perforazioni
antropiche, si individua l’abrasione
attraverso lo sfregamento di un guscio
contro una roccia arenaria, la percussione
diretta sopra un guscio con una pietra o un
percussore duro, la pressione dall’apertura
della conchiglia con un oggetto pungente
di pietra, osso o legno, l’incisione con un
filo litico e la rotazione realizzata con un
trapano di pietra.
Gli ornamenti
L’uso di determinate specie di molluschi
come decorazioni personali tra l’ampia
varietà che può essere riunita, si considera
riflesso di una scelta notevolmente
culturale e sociale. Si relazionano con il
mondo simbolico, e avrebbero trasmesso
un’informazione che poté far riferimento al
sesso, all’età, a un rituale di passaggio, a una
posizione sociale all’interno del gruppo, o
all’identificazione di un gruppo rispetto ad
un altro.
28.000 anni fa, durante l’inizio del
Paleolitico superiore, i gasteropodi erano i
supporti maggiormente usati. Più tardi,
20.000 anni fa, durante il Massimo glaciale,
dominarono gli scafopodi, e appare il
gasteropodo Nucella lapillus, un marcatore
culturale di quest’epoca fredda, considerato
che, prima e dopo, la sua presenza non è
significativa. Solo alla fine del Paleolitico
superiore, tra il 12.000 e 11.000, i bivalvi
saranno più abbondanti.
Durante il Mesolitico e il Neolitico il
numero di specie impiegate per realizzare
ornamenti si riduce, e la specie che
maggiormente abbonda è il gasteropodo
Columbella rustica.
Con l’introduzione dell’economia di
produzione, iniziano a crearsi adorni di
diversa morfologia totalmente svariati:
perle discoidali, ciondoli ovali, anelli e
braccialetti durante il Neolitico, e bottoni
nel Calcolitico.
I rituali funerari
Interpretare i riti funebri delle comunità
del passato è complesso, poiché suppone
avvicinarsi al comportamento sociale e
culturale di questi gruppi solo attraverso
la cultura materiale. A partire dai resti
umani e dagli oggetti che li accompagnano,
i corredi, si indaga sul loro significato.
In una fossa del giacimento Neolitico di
Costamar (Cabanes), risalente alla fine
del VIII e inizi del VII millennio prima
del tempo attuale, un maschio adulto
venne riposto insieme a sette braccialetti
di pectunculo, con resti di ocra e una
collana con più di 800 perline discoidali
di conchiglia, tra gli altri materiali
malacologici.
Un altro esempio, più complicato, è la
sepoltura di un maschio adulto del Tossal de
les Basses (Alicante), dell’ultimo quarto del
VII e prima metà del VI millennio prima
dell’attualità, associato a una fossa che
conteneva due braccialetti di pectunculo e
TRESORS
Àrea de Cultura
DEL MUSEU
DE PREHISTÒRIA
tre gruppi di materiale malacologico, con
patelle, Phorcus turbinatus e glycymeris.
Queste due sepolture individuali si
interpretano come tombe di persone
importanti in quelle comunità, per i resti
dei corredi rinvenuti.
Gusci e contesti funebri
Il trasporto a giacimenti lontani dalla costa
delle conchiglie senza valore nutrizionale
e senza tracce di manipolazione, evidenzia
che potevano essere considerate amuleti
o relazionarsi con il mondo simbolico.
Esistono esempli del Paleolitico nella
Cova del Parpalló e del Neolitico nella
Cova de l’Or, da dove provengono piste di
conchiglie di murice (Bolinus brandaris)
incredibilmente ben conservate.
Il peso simbolico di questi gusci
risulta più evidente quando sono collocate
in contesti funerari, come succede in
numerose grotte di sepoltura della fine del
Neolitico e del Calcolitico (seconda metà
del VI e V millennio prima di adesso) delle
regioni interne valenciane, dove questi
elementi potevano rappresentare offerte
funerarie. Qui segnaliamo gusci di bivalvi
e di gasteropodi che, in quasi tutti i casi,
furono raccolti nelle spiagge una volta
morto l’animale.
Un caso particolare è la presenza nella
Cova del Cara-sol di Vernissa (Xàtiva) di
dieci Phorcus turbinatus, un gasteropodo
commestibile, senza segni di erosione
marina, per la quale poterono essere
stati raccolti vivi e versati come offerte
alimentarie.
Un delfino in una tomba
Un silo di magazzino di cereali del
giacimento di Sanxo Llop, datato tra il
5.800 e 5.200, dopo essere stato usato, fu
recuperato con fine funebre depositando
un delfino tursiope (Tursiops truncatus)
associato a una sepoltura secondaria con
resti di un maschio adulto.
Non si riscontra nessun segno di
manipolazione antropica che indichi
che il delfino fosse stato mangiato; il che
rileva che l’animale si collocò intero come
possibile offerta funebre.
Si tratta di un deposito unico e
straordinario dal momento che in questo
giacimento altre strutture funerarie
contenevano la deposizione di animali
terrestri completi o parziali – cani, bovini,
caprini e suini -, fatto frequente in altri siti
calcolitici peninsulari.
MUSEU DE PREHISTÒRIA DE VALÈNCIA. GIUGNO - NOVEMBRE 2021
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