
La cultura della ceramica impressa nella Liguria di Ponente (Italia Settentrionale): distribuzione, cronologia e aspetti culturali.
Paolo Biagi
Elisabetta Starnini
2016
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Del neolític a l’edat del bronze en el Mediterrani occidental.
Estudis en homenatge a Bernat Martí Oliver.
tv sip 119, València, 2016, p. 35-49.
La Cultura della Ceramica Impressa
nella Liguria di Ponente (Italia Settentrionale):
Distribuzione, cronologia e aspetti culturali
Paolo Biagi e elisaBetta starnini
riassunto
Il presente lavoro prende in esame il problema della Cultura della Ceramica Impressa nella Liguria di Ponente. In questa
regione dell’Italia nordoccidentale sono note alcune concentrazioni di siti di questo aspetto, principalmente costituiti da livelli
di occupazione entro cavità naturali. La maggior parte delle stazioni ha restituito pochissimi reperti fittili caratteristici. Le
industrie litiche di questo periodo sono mal note e le datazioni radiometriche sono state ottenute solamente da 8 siti, nella
maggior parte dei casi senza seguire dei progetti di datazione sistematici. Il quadro di conoscenze che ne risulta è molto
frammentario, basato principalmente sulle sequenze di quelle stazioni in cui sono stati eseguiti scavi di recente, e su quelle i
cui complessi sono stati riesaminati negli ultimi anni. In base alle nostre conoscenze attuali è difficile impostare una seriazione
dei complessi Liguri che presentano comunque una cronologia variabile e, in alcuni casi, caratteristiche ceramiche eguali a
quelle dei siti della Francia meridionale (Provenza e Linguadoca) e della Toscana nord-occidentale.
parole chiave:
Ceramica Impressa, Neolitico Antico, Liguria di Ponente, Alto Tirreno, Distribuzione e Cronologia.
abstract
The Impressed Ware Culture in Western Liguria (Northern Italy): Distribution, chronology and cultural aspects. This paper
describes and discusses the Early Neolithic Impressed Ware settlement of Western Liguria. In this region the Impressed Ware
Culture sites are known mainly from caves and rock-shelters, 8 of which have been radiocarbon-dated. Most sites have yielded
just a few characteristic sherds decorated with instrumental or shell impressed patterns. The chipped stone assemblages of
this aspect are badly known. Our knowledge of the Early Neolithic of the study region is very fragmentary. It is based mainly
on the results obtained from a few recently excavated sequences, and the re-analysis of old assemblages stored in museum
collections. At present it is difficult to suggest a seriation of the Ligurian complexes. Their chronology is variable and, in some
cases, their ceramic assemblages show affinities with those from sites from Provence, Languedoc and north-western Tuscany.
keywords:
Impressed Ware Culture, Early Neolithic, Western Liguria, North Tyrrhenian Sea, Distribution and Chronology.
1. INTRODUZIONE
Il presente lavoro riguarda alcuni aspetti della Neolitizzazione
della Liguria di Ponente, una regione dell’Italia settentrionale
con caratteristiche morfologiche peculiari dove, almeno dalla
metà del’Ottocento, sono noti insediamenti attribuiti genericamente alla Cultura della Ceramica Impressa (Laviosa Zambotti,
1943: 97; Bernabò Brea, 1946; Barnett, 2000), un complesso
tuttora di non facile definizione (Vigne, 2000; Guilaine, 2007),
di cronologia variabile (Gasco, 1987; Binder, 2000; Bernabeu
Aubán e Molina Balaguer, 2009; Binder e Sénépart, 2010), e di
discussa origine (Lewthwaite, 1981; Guilaine, 2000; Mazurié
de Keroulin, 2003: 100-104; Zilhão, in stampa), che ha comunque giocato un ruolo fondamentale nella diffusione delle prime
civiltà di allevatori-agricoltori in molte regioni del Mediterraneo (Guilaine, 2003, 2013; Berger, 2009).
Stretta fra il mare e le propaggini alpine più occidentali
dell’Italia settentrionale, la Liguria di Ponente presenta pochissimi territori pianeggianti, per di più di estensione limitata, in
particolare la Piana di Albenga, dell’antropizzazione della quale tuttora conosciamo poco o nulla. Ne consegue che la nostra
attuale conoscenza della distribuzione delle stazioni neolitiche
della Liguria di Ponente è limitata quasi esclusivamente ad insediamenti posti all’interno di cavità o ripari sottoroccia (Bernabò
Brea, 1947). Questa situazione, del tutto anomala, probabilmente deriva non solo dalla geografia particolarmente corrugata del
territorio, ma anche dalla scarsità di prospezioni sistematiche e
dall’eccessiva edificazione recente, poco controllata, della fascia costiera.
Da quanto sappiamo sinora gli insediamenti della Cultura
della Ceramica Impressa della Liguria di Ponente sono dislocati in quattro sole aree (fig. 1). Queste sono, da occidente a
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P. Biagi e E. Starnini
Fig. 1. Liguria di Ponente: distribuzione dei siti della Cultura della Ceramica Impressa menzionati nel testo: 1) Arma di Nasino, 2) Arma
dello Stefanin, 3) Grotta del Pertusello, 4) Grotta di S. Lucia Superiore, 5) Caverna del Ponte di Vara (Varé), 6) Grotta dell’Edera, 7)
Caverna delle Arene Candide, 8) Caverna della Mandurea, 9) Caverna dei Parmorari (Armorari), 10) Grotta Pollera, 11) Caverna di S.
Eusebio, 12) Caverna della Matta o del Sanguineto, 13) Caverna dell’Acqua o del Morto, 14) Caverna della Fontana o dell’Acqua, 15)
Arma dell’Aquila, 16) Caverna dei Pipistrelli (Borzini), 17) Riparo di Pian del Ciliegio, 18) Caverna delle Fate, 19) S. Sebastiano di Perti,
20) Caverna Bergeggi (disegno di P. Biagi).
oriente 1) la Val Pennavaira, 2) il Toiranese, 3) la Val Maremola e 4) il Finalese: verso quest’ultima è stata diretta principalmente la ricerca.
2. I SITI ARCHEOLOGICI
2.1. la val pennavaira
Prende il nome dal Rio Pennavaira che origina a circa 1380 m di
altezza sotto il Colle di Caprauna superato il quale si entra nella
Valle del Tanaro, in Piemonte, e di qui si scende nella Valle del
Po. Lungo la Val Pennavaira, a tratti molto incassata, con conformazione a V, si aprono numerose cavità e ripari sottoroccia
(Leale Anfossi, 1958-1961a), alcuni dei quali sono stati oggetto
di ricerche e di scavi condotti da M. Leale Anfossi a partire dagli anni Cinquanta, per conto dell’Istituto Internazionale di Studi Liguri (Bordighera) e dell’Istituto Italiano di Paleontologia
Umana (Roma) (Barker et al., 1990).
Durante le sue perlustrazioni, M. Leale Anfossi rinvenne
tre ripari sottoroccia in cui condusse scavi che hanno restituito orizzonti riconducibili alla Cultura della Ceramica Impressa:
l’Arma di Nasino (Leale Anfossi, 1967, 1974), l’Arma dello
Stefanin (Leale Anfossi, 1972) e la Grotta del Pertusello (fig. 2)
(Leale Anfossi, 1958-1961b).
36
Fig. 2. Grotta del Pertusello: fotografia originale degli scavi del 1959
di M. Leale Anfossi, a destra nell’immagine, ripresa nell’agosto del
1960 (Archivi della Soprintendenza Archeologia della Liguria).
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La Cultura della Ceramica Impressa nella Liguria di Ponente: Distribuzione, cronologia e aspetti culturali
L’Arma di Nasino si apre a circa 12 km dalla linea di costa
attuale, lungo il lato settentrionale del Rio Pennavaria a circa
150 m di altezza, 18 m al di sopra del corso del fiume (fig. 1,
n. 1). Si presenta come un grande riparo sottoroccia, profondo
circa 6 m (Leale Anfossi, 1967: fig. 2), nel quale sono stati riconosciuti 15 periodi principali di occupazione compresi fra l’età
Romana e l’Epigravettiano Finale (Paleolitico Superiore). Gli
strati X, IX e anche VIII della complessa sequenza rinvenuta
all’interno del riparo hanno restituito industrie neolitiche riferibili alla Cultura della Ceramica Impressa, con ceramiche decorate anche con motivi cardiali (fig. 3, nn. 4-6) (Leale Anfossi,
1974: fig. 4). Dallo strato IX provengono la sepoltura incompleta di un giovane, deposto in posizione rannicchiata, e i crani
di due bambini rinvenuti nella parte più interna del riempimen-
to. Da carboni raccolti in diversi riquadri dello stesso strato IX
sono state ottenute 5 date radiocarboniche, che hanno fornito risultati compresi fra 6470±120 (R-267) e 5955±65 BP (R-316α)
(Alessio et al., 1968). Altre datazioni radiometriche inquadrabili
nella seconda metà del VII millennio BP sono state ottenute da
carboni raccolti nello strato VIII (vedi Tabella 1).
L’Arma dello Stefanin è un riparo che si apre a 400 m
di altezza lungo parete meridionale del corso del Rio Pennavaria, a circa 22 km dalla linea di costa attuale (fig. 1, n.
2). Venne individuata come località archeologica nel 1952, e
poi indagata a partire dallo stesso anno, fino al 1962, da M.
Leale Anfossi (1972). Gli scavi furono poi ripresi nel 1982
dalla Soprintendenza Archeologica della Liguria (Biagi et al.,
1987). Durante entrambe le ricerche, venne portato alla luce
un orizzonte di pochi centimetri di spessore contenente pochi
materiali fittili e litici attribuiti alla Cultura della Ceramica
Impressa, fra cui rari frammenti ceramici decorati con motivi
e cordoni impressi e impressioni cardiali, datato a 6610±60
BP (Bln-3276) su frammenti di carbone vegetale (Bagolini e
Biagi, 1990: 111).
La Grotta del Pertusello si trova poco a nord dell’arma
dello Stefanin, a circa 550 m di altezza, lungo la parete meridionale della Val Pennavaira (Leale Anfossi, 1958-1961b)
(fig. 1, n. 3). Gli scavi, già intrapresi da G. Chiappella (1962)
a partire dal 1952, vennero poi riaperti e portati avanti da
M. Leale Anfossi nel 1963. Lo strato IV della sequenza ha
restituito materiali attribuiti alla Cultura della Ceramica Impressa, fra cui frammenti di un grande recipiente ricostruito
decorato con cordoni verticali ed orizzontali e motivi cardiali
impressi (Bagolini e Biagi, 1990: Fig. 7, n. 8) (fig. 3, nn.
1-3). L’unica datazione radiocarbonica ottenuta su frammenti
di carbone raccolti in questo strato ha fornito un risultato
inquadrabile nella metà del VI millennio BP (R-157: Alessio
et al., 1967: 348).
2.2. il toiranese
Fig. 3. 1) disegno e fotografia del recipiente frammentario con
decorazione impressa strumentale dallo strato IV della Grotta del
Pertusello (scavi M. Leale Anfossi); 2) ricostruzione grafica del
recipiente cordonato con decorazione ad impressioni a conchiglia
dalla Grotta del Pertusello (scavi M. Leale Anfossi); 3) recipiente
pluriansato della Cultura della Ceramica Impressa dagli strati
III e IV della Grotta del Pertusello (scavi M. Leale Anfossi); 4)
ricostruzione grafica di frammento di recipiente con decorazione ad
impressioni dall’Arma di Nasino, strati VIII e IX (scavi M. Leale
Anfossi); 5) ricostruzione grafica di recipiente con decorazione
impressa strumentale dall’Arma di Nasino (scavi M. Leale Anfossi);
6) fotografia di due frammenti pertinenti e ricostruzione grafica
di recipiente con decorazione impressa strumentale dall’Arma di
Nasino, strato IX (scavi M. Leale Anfossi) (disegni di B. Bagolini e
P. Biagi, fotografie di E. Starnini).
L’unica località da cui provengono materiali attribuibili alla
Cultura della Ceramica Impressa è la Grotta di S. Lucia Superiore, ubicata lungo la fiancata occidentale della Val Varatella, a
241 m sul livello del mare (fig. 1, n. 4). Le ricerche, condotte nel
1963 a 50 m dall’ingresso, hanno messo in luce una sequenza
archeologica in cui l’orizzonte di superficie A ha restituito reperti neolitici attribuiti a diversi aspetti culturali, fra cui alcuni
decorati con impressioni cardiali (Tozzi, 1962; Maggi e Starnini, 1984: fig. 4).
2.3. la val MareMola
All’interno di Pietra Ligure, nei pressi della confluenza del corso del Torrente Giustenice nel Maremola, ad un’altezza di m
11, si apre la Caverna del Ponte di Vara, altrimenti detta Varé
(fig. 1, n. 5). Gli scavi, condotti nel 1981-1985, hanno permesso
di constatare il rimaneggiamento dei depositi della cavità, dai
quali sono stati per altro raccolti alcuni frammenti ceramici neolitici fra cui alcuni decorati con motivi cardiali impressi (Odetti,
1982-1986a; 1996: fig. 12).
Sempre in Val Maremola, lungo il versante orientale
del Bric Tampa, a circa 480 m di altezza, si trova la Grotta
dell’Edera (fig. 1, n. 6). Gli scavi aperti nella sala principale
37
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P. Biagi e E. Starnini
Tabella 1. Datazioni radiocarboniche ottenuti da orizzonti della Cultura della Ceramica Impressa dei siti della Liguria di Ponente
menzionati nel testo.
Strato
Scavo
Materiale
N° Laboratorio
Data BP
Cal. BC 1σ* Bibliografia
Carboni
Carboni
Carboni
MC-756
MC-1148
MC-757
6950±100 5848±99
6880±100 5788±95
6580±100 5526±83
Tiné, 1974: 52
Odetti, 1990: 143
Tiné, 1974: 52
Grotta Pollera (Finalese)
XXIV
XXI
XXIII
S. Tiné 1971-73
S. Tiné 1971-73
S. Tiné 1971-73
S. Sebastiano di Perti (Finalese)
Sezione
Sezione
E. Starnini 1992
E. Starnini 1992
Trit. dicoccum OxA-21359
GrA-25715
Hordeum sp.
6767±39
6760±45
5677±29
5674±32
Colledge, com. pers. 2010
Capelli et al., 2006: 90
Sezione
E. Starnini 1992
Trit. vulgare
OxA-19734
6675±33
5599±29
Colledge, com. pers. 2010
Arma dell’Aquila (Finalese)
Sepoltura fanciullo C. Richard 1942
7° “focolare”
C. Richard 1942
Cranio umano OxA-V-2365-31
Cranio umano OxA-V-2365-50
6678±33
6669±34
5600±29
5596±29
Mannino et al., 2015
Mannino et al., 2015
Sepoltura Richard 1 C. Richard 1938
Sepoltura Richard 4 C. Richard 1938
3° strato sotto 5°
C. Richard 1942
“focolare”
Costa umana
Ossa umane
Carboni
OxA-V-2365-36
GrA-38257
Bln-3450
6318±33
6315±35
6240±90
5288±42
5286±42
5189±111
Mannino et al., 2015
Unpublished
Bagolini e Biagi, 1990: 11
Carboni
Bln-3276
6610±60
5559±48
Barker et al., 1990: 111
Carboni
Carboni
MC-2332
MC-2333
6510±110 5466±97
6490±110 5449±97
Odetti, 1986: 107
Odetti, 1986: 107
Carboni
Carboni
Carboni
Carboni
Carboni
R-267
R-313
R-313α
R-315
R-265
6470±120
6420±65
6400±105
6280±70
6280±120
5431±103
5400±58
5365±99
5232±93
5227±144
Alessio et al., 1968: 354
Alessio et al., 1968: 355
Alessio et al., 1968: 355
Alessio et al., 1968: 355
Alessio et al., 1968: 354
R-263
6140±110 5077±130
Alessio et al., 1968: 354
Arma dello Stefanin (Val Pennavaira)
2
P. Biagi, R. Maggi
1982-84
Grotta dell’Edera (Val Maremola)
Focolare
Focolare
G. Odetti 1976-77
G. Odetti 1976-77
Arma di Nasino (Val Pennavaira)
IXi, 2,8-3,0 m
VIII, A-B-W
VIII, A-B-W
IXs, A-B-W
IXs, B-C-L-O;
B-C-G-M
M. Leale Anfossi 1963
M. Leale Anfossi 1966
M. Leale Anfossi 1966
M. Leale Anfossi 1966
M. Leale Anfossi 1963
VIIIa, B-C-G
M. Leale Anfossi 1963 Carboni
* Date calibrate col programma CalPal online, quickcal2007 ver.1.5, utilizzando la curva di calibrazione CalPal2007_HULU.
hanno restituito reperti attribuibili a diversi periodi del Neolitico (Odetti, 1982-1986b). Alla base del deposito è stato rinvenuto un focolare con due momenti di utilizzo sovrapposti
datati a 6510±110 BP (MC-2332) e 6490±110 BP (MC-2333)
(Odetti, 1986: 107) dai quali si desume che il suo insediamento avvenne in un periodo ben definito della Cultura della Ceramica Impressa in Liguria.
2.4. il Finalese
È il territorio più ricco di cavità e di insediamenti neolitici in
grotta di tutta la Liguria di Ponente. Ad oggi sono note 12 caverne che hanno restituito complessi o materiali della Cultura
della Ceramica Impressa, oltre che un insediamento all’aperto
a S. Sebastiano di Perti (Starnini e Vicino, 1993; Capelli et al.,
2006). La descrizione dei siti segue quella degli itinerari riportati da L. Bernabò Brea nel suo lavoro sulle caverne del Finale
(Bernabò Brea, 1947).
38
La Caverna delle Arene Candide si apre, con imbocco
verso il mare, a 89 m di altezza, lungo le pendici del Monte
Caprazzoppa (fig. 1, n. 7). Dopo le prime ricerche condotte
nel’Ottocento gli scavi furono ripresi prima da L. Bernabò Brea
e L. Cardini nel 1940-1950 (Bernabò Brea, 1946, 1956; Cardini, 1980), poi da S. Tiné nel 1972-1977 (Tiné, 1986, 1999). I
risultati degli scavi di L. Bernabò Brea e L. Cardini furono poi
ripubblicati da R. Maggi et al. (1997), mentre quelli di S. Tiné,
a cura dello stesso autore (Tiné, 1999).
In particolare, durante le ricerche condotte da quest’ultimo, è
stata portata alla luce la sepoltura di un individuo adulto di sesso
maschile, deposto apparentemente nello strato 14, attribuito alla
Cultura della Ceramica Impressa (Traverso, 1999). L’inumato
giaceva con le gambe flesse all’interno di una semplice fossa,
cosparso di ocra rossa (ACT2: Canci et al., 1999). La datazione
AMS eseguita su di una costa ha restituito il risultato di 5178±25
BP (MAMS-11443) (Mannino e Talamo, com. pers. 2009) che
attribuisce, in realtà, la sepoltura alla Cultura di Chassey (fig. 4).
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La Cultura della Ceramica Impressa nella Liguria di Ponente: Distribuzione, cronologia e aspetti culturali
I depositi delle Arene Candide hanno restituito una delle sequenze neolitiche più importanti del Mediterraneo, alla base della quale L. Bernabò Brea rinvenne per la prima volta, in posto,
un orizzonte della Cultura della Ceramica Impressa (figg. 5-7)
che egli ritenne la più antica espressione neolitica del Mediterraneo nord-occidentale (Bernabò Brea, 1955: 66), diffusasi
per via marittima attraverso “isole talvolta anche piccolissime”
(Bernabò Brea, 1950a: 31). A questa cultura egli attribuì “una
lunghissima durata, il che spiega le notevoli differenziazioni stilistiche, le diverse specializzazioni che essa ha raggiunto nelle
varie regioni” (Bernabò Brea, 1950a: 35).
In particolare l’analisi delle ceramiche raccolte durante le
ricerche di cui sopra (Maggi e Starnini, 1997; Traverso, 1999;
Del Lucchese e Starnini, 2006-2007) e le datazioni radiocarboniche (Tabella 2) (Maggi, 1997; Pearce, 2013: 82) hanno in
parte contribuito al miglioramento delle nostre conoscenze di
questo importante aspetto del Neolitico Antico della Liguria di
Ponente, i cui problemi, tuttora aperti (Biagi, 1987: 208), vengono discussi in dettaglio nel capitolo che segue.
Nel territorio di Borgio e di Verezzi due grotte hanno
restituito reperti della Cultura della Ceramica Impressa: La
Caverna della Mandurea (Tozzi, 1965) e la Caverna dei Parmorari o Armorari.
Fig. 4. Caverna delle Arene Candide: sepoltura rinvenuta nello
strato 14 degli scavi S. Tiné (Traverso, 1999: Tav. XV), ritenuta
della Cultura della Ceramica Impressa, in realtà da attribuire alla
Cultura di Chassey in base alla datazione AMS eseguita su una
costa dell’inumato (MAMS-11443: 5178±25 BP) (Mannino e
Talamo, com. pers. 2009).
La Caverna della Mandurea si apre a circa 40 m sul livello
del mare, subito a est del paese di Borgio Verezzi (fig. 1, n. 8). In
un piccolo saggio condotto nel 1964 è stata esposta una sequenza neolitica alla base della quale, la parte superiore dello strato
4, ha restituito frammenti ceramici della Cultura della Ceramica
Impressa (fig. 8, n. 4). Alcuni di questi presentano una decorazione cardiale, altri motivi a zig-zag di punzonature ricorrenti, o
“sillons d’impressions” (Tozzi, 1965: fig. 3).
La Caverna dei Parmorari (o Armorari) fu indagata principalmente da C. Richard (1932) che portò alla luce un’importante
sequenza del Pleistocene (fig. 1, n. 9). Al di sopra di questa la
serie Olocenica conteneva materiali neolitici attribuibili a diversi aspetti culturali, fra cui un frammento di orlo di recipiente
profondo con decorazioni incise a zig-zag forse (?) attribuibile
alla Cultura della Ceramica Impressa.
Fig. 5. Forme e decorazioni della Cultura della Ceramica Impressa
dalla Caverna delle Arene Candide: 1) tazza ansata ricomposta da
frammenti dagli strati 14 e 15 degli scavi S. Tiné e delle collezioni
ottocentesche; 2) tazza ansata ricomposta da frammenti dallo strato
14 degli scavi S. Tiné; 3) scodella ricomposta da frammenti dagli
strati 14 e 15 degli scavi S. Tiné e delle collezioni ottocentesche;
4) recipiente profondo con ansa o presa ricomposto da frammenti
dallo strato 12, 14 e 15 degli scavi S. Tiné e delle collezioni
ottocentesche; 5 e 6) frammenti di tazza troncoconica ricomposta
da frammenti raccolti negli scavi di L. Bernabò Brea e negli strati
14 e 15 degli scavi S. Tiné; 7) recipiente globulare con prese a
bugna ricomposto da frammenti degli strati 13-15 degli scavi S.
Tiné; 8) scodella ricomposta da frammenti dallo strato 14 e 15 degli
scavi S. Tiné (da Del Lucchese e Starnini, 2006-2007: fig. 1, con
modificazioni).
39
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P. Biagi e E. Starnini
Fig. 6. Forme e decorazioni della Cultura della Ceramica Impressa
dalla Caverna delle Arene Candide: 1) recipiente profondo ansato
ricomposto da frammenti raccolti negli scavi di L. Bernabò Brea e
negli strati 14 e 15 degli scavi S. Tiné; 2) frammento di orlo dallo
strato 15 degli scavi S. Tiné; 3) frammento di orlo di scodella con
decorazione cardiale dallo strato 13 degli scavi S. Tiné; 4) scodella
ricomposta da frammenti dagli strati 14 e 15 degli scavi S. Tiné; 5)
olla cordonata con prese a lingua ricomposta da frammenti dagli
strati 18, 17, 15, 14 e 12 degli scavi S. Tiné; 6) olla con prese a
lingua ricomposta da frammenti dagli strati 14 e 15 degli scavi S.
Tiné; 7) olla con prese a lingua ricomposta da frammenti dagli strati
14 e 15 degli scavi S. Tiné (da Del Lucchese e Starnini, 2006-2007:
fig. 2 e 4, con modificazioni).
Fig. 7. Forme e decorazioni della Cultura della Ceramica Impressa
dalla Caverna delle Arene Candide: 1) scodella ricomposta da
frammenti dagli strati 14 e 13 degli scavi S. Tiné; 2) recipiente
profondo ovoidale ricomposto con frammenti dagli strati 14 e 15
degli scavi S. Tiné; 3) frammenti di fiasco dallo strato 14 degli scavi
S. Tiné; 4) spalla di fiasco ricomposta da frammenti dallo strato 15
degli scavi S. Tiné; 5) collo di fiasco ricomposto con frammenti
dallo strato 15, 14 e 13 degli scavi S. Tiné; 6) porzione di ventre di
fiasco ricomposta da frammenti dagli strati 25 e 27 degli scavi di
L. Bernabò Brea e degli scavi S. Tiné; 7) collo di fiasco ricomposto
da frammenti dallo strato 15 degli scavi S. Tiné (da Del Lucchese e
Starnini, 2006-2007: fig. 3-5, con modificazioni).
La Grotta Pollera si trova lungo il pendio occidentale della
rocca che domina la Valle di Pian Marino, a circa 280 m di altezza (fig. 1, n. 10). Nota sin dalla seconda metà dell’Ottocento
come località di interesse archeologico, è stata oggetto di numerose campagne di scavo a partire dal 1870 (Odetti, 1972).
Negli anni Settanta gli scavi furono ripresi a cura di S. Tiné,
durante i quali è stata rilevata un’importante sequenza neolitica, alla base della quale, nello strato III, si rinveniva per la
prima volta un deposito attribuibile alla Cultura della Ceramica Impressa, poi suddiviso in sei livelli artificiali (XXIV-XIX)
(Odetti, 1990: fig. 9).
Dal deposito rimaneggiato e dallo strato III, dello spessore
di circa 50 cm, provengono frammenti di recipienti decorati con
svariati motivi impressi strumentali e cardiali (fig. 8, nn. 6 e 7)
ed alcuni frammenti cordonati. Sfortunatamente le datazioni radiocarboniche, che si distribuiscono in un periodo lungo più di
300 anni (da MC-756 a MC-757), non concordano con la seriazione pubblicata dello scavo, e di conseguenza non è possibile
stabilire eventuali variazioni stilistiche all’interno del complesso ceramico (vedi Tabella 1).
La Caverna di S. Eusebio si trova nei pressi di Pian Marino,
lungo le pendici meridionali della Rocca Carsanca, a circa 310 m
di altezza, al di sopra del Rio La Valle (Odetti, 1983) (fig. 1, n.
11). Secondo le descrizioni fornite da N. Morelli (1893) il deposito
Neolitico si trovava in posto a circa 3 m di profondità. Fra i reperti del Neolitico Antico figura anche un vaso integro decorato con
complessi motivi impressi (fig. 8, n. 8), e un frammento di recipiente con motivi cardiali orizzontali sotto l’orlo (fig. 8, n. 9).
40
[page-n-7]
La Cultura della Ceramica Impressa nella Liguria di Ponente: Distribuzione, cronologia e aspetti culturali
Tabella 2. Caverna delle Arene Candide: datazioni radiocarboniche ottenute dagli strati della Cultura della Ceramica Impressa o da strati
che hanno restituito frammenti di Ceramica Impressa (strato 13, scavi S. Tiné).
Strato
Scavo
Materiale
N° Lab.
Data. BP Cal. BC 1σ* Bibliografia
14
14
27G
S. Tiné 1972-1977
S. Tiné 1972-1977
L. Bernabò Brea 1940-1950
6980±115 5867±106
6870±100 5780±95
6880±60 5778±60
Biagi et al., 1989: 539.
Linick, 1980: 1038-39
Maggi, 1997: 36, Tab. 2
10
10
14
R. Maggi 1996-2004-2005
R. Maggi 1996-2004-2005
S. Tiné 1972-1977
Carboni
UB-2423
Carboni
LJ-4143
Pistacia terebinthus Beta-66553
CAMS-9421
Beta-110542
Hordeum sp.
Triticum dicoccum OxA-23072
Carboni
UB-2424
6830±40 5711±32
6778±39 5682±28
6700±145 5630±117
Pearce, 2013: Table 3.47
Colledge, pers. comm. 2010
Bagolini e Biagi, 1990: 11
S. Tiné 1972-1977
L. Bernabò Brea 1940-1950
Carboni
Carboni
6490±100 5451±88
6487±175 5423±163
Linick, 1980: 1038-39
Maggi, 1997: 36, Tab. 2
9b
26ABD
R. Maggi 1996-2004-2005
L. Bernabò Brea 1940-1950
6370±50
6350±60
5377±60
5344±78
Pearce, 2013: Table 3.47
Maggi, 1997: 36, Tab. 2
13C
Tomba VII
13B
25-26
13C
13A
27C
S. Tiné 1972-1977
L. Bernabò Brea 1940-1950
S. Tiné 1972-1977
L. Bernabò Brea 1940-1950
S. Tiné 1972-1977
S. Tiné 1972-1977
L. Bernabò Brea 1940-1950
Rhamnus alaternus Beta-109619
Quercus sez. Robur Beta-66551
CAMS-9419
Carboni
UB-2422
Osso umano
GX-16963-G
Carboni
LJ-4139
Carboni
R-101
Carboni
LJ-4141
Carboni
UB-2420
Beta-66552
Phillyrea sp.
CAMS-9420
6345±180
6255±55
6230±90
6220±55
6220±100
6205±105
6150±70
5268±193
5209±85
5180±112
5180±89
5168±122
5152±129
5102±95
Bagolini e Biagi, 1990: 11
Maggi, 1997: 36, Tab. 2
Linick, 1980: 1038-39
Maggi, 1997: 36, Tab. 2
Linick, 1980: 1038-39
Bagolini e Biagi, 1990: 10
Maggi, 1997: 36, Tab. 2
Cluster 1
Cluster 2
14
25
LJ-4144
Pi-27 bis
Cluster 3
* Date calibrate col programma CalPal online, quickcal2007 ver.1.5, utilizzando la curva di calibrazione CalPal2007_HULU.
Sempre seguendo gli itinerari di cui sopra, numerose sono
le cavità lungo la parete occidentale della Valle dell’Aquila. Fra
queste la Caverna della Matta, o del Sanguineto (fig. 1, n. 12), alla
quota di 105 m, lungo il costone che divide la Valle dell’Aquila da
quella del Rio della Valle (Odetti, 2002a). Dal riempimento della
caverna provengono importanti complessi dal Neolitico Medio
all’età del Ferro, oltre che pochi frammenti fittili attribuiti alla
Cultura della Ceramica Impressa (Del Lucchese, 2002; Odetti,
2002b: Tav. I), alcuni dei quali decorati con motivi cardiali.
Alcune centinaia di metri più a nord si aprono le due Caverne dell’Acqua o del Morto (o di Zerbi) (fig. 1, n. 13) e della
Fontana o dell’Acqua (fig. 1, n. 14), poco sopra i 250 m di quota
del Bric Scimarco. Entrambe hanno restituito pochi reperti ceramici attribuibili alla Cultura della Ceramica Impressa (fig. 8,
n. 5). Gli scavi condotti nel 1982-1983 dalla Soprintendenza Archeologica della Liguria nella Caverna dell’Acqua o del Morto
hanno confermato ancora una volta la presenza del Neolitico
Antico nella cavità (Del Lucchese e Vignolo, 1989).
Lungo la parte orientale della Valle dell’Aquila si colloca la
caverna omonima (fig. 1, n. 15). Qui gli scavi di F.H. Zambelli
(1937), G. Silla (1937) e C. Richard (1941-1942) hanno portato alla luce un’importante sequenza stratigrafica con numerosi
momenti di abitazione distribuiti a partire dall’inizio del Paleolitico Superiore (Aurignaziano) all’età del Bronzo. L’Arma
dell’Aquila, che si articola in realtà in due grotte principali, un
riparo sotto roccia e il suo talus esterno, si apre a quota m 230
lungo il fianco orientale del Bric Spaventaggi, a circa 5 km dalla
linea di costa (Arobba et al., 1987).
Durante le ricerche, C. Richard rinvenne diversi orizzonti
antropici che egli chiamò “focolari” perché ricchi di carbone
vegetale, alcuni dei quali attribuibili al Neolitico, ed una serie
di sepolture per lo più distribuite fra il 7° e il 6° “focolare”.
Numerosi materiali ceramici attribuibili alla Cultura della Ceramica Impressa furono raccolti principalmente nel 7° e 6° “focolare”. Fra questi anche un esemplare reintegrato di recipiente
profondo (fig. 8, n. 1) decorato con impressioni cardiali (Bernabò Brea, 1950b). Le datazioni disponibili indicherebbero che
la cavità fu insediata in due momenti ben distinti del Neolitico
Antico da parte di popolazioni in possesso della Cultura della
Ceramica Impressa (Tabella 1) che vi deposero almeno due individui le cui datazioni AMS ci riportano ai momenti più antichi di abitazione del Neolitico a Ceramica Impressa della cavità
(OxA-V-2365-31 e 50: Mannino et al., 2015).
Nella regione di Orco, lungo la parete occidentale del corso
de La Fiumara, non distante dal punto in cui il Rio dei Cornei vi
confluisce, si apre, come una fenditura del complesso miocenico del Nava, a circa 320 m di quota, la Caverna dei Pipistrelli o
Borzini (fig. 1, n. 16).
41
[page-n-8]
P. Biagi e E. Starnini
Fig. 8. 1) disegno e fotografia del recipiente reintegrato con motivi
impressi strumentali dall’Arma dell’Aquila; 2) frammento di
scodella con decorazione impressa dalla Caverna delle Fate (scavi
Amerano, Museo di Genova-Pegli); 3) frammento con decorazione
impressa e incisa dalla Grotta di Bergeggi (scavi Modigliani o Rossi,
Museo di Genova-Pegli); 4) frammento di orlo con decorazione
impressa a sequenza dalla Caverna della Mandurea (scavi C. Tozzi
1964); 5) frammento di scodella con motivi impressi lineari dalla
caverna dell’Acqua o Fontana (Museo di Genova-Pegli); 6) due
frammenti di orlo di recipiente decorato con impressioni a sequenza
dalla Grotta Pollera (scavi S. Tiné); 7) frammento di parete di
recipiente profondo con impressioni a conchiglia dalla Grotta
Pollera (rimaneggiato scavi S. Tiné); 8 e 9) ricostruzione grafica
di due recipienti profondi con decorazioni impresse di vario tipo
dalla Caverna di S. Eusebio (Museo di Genova-Pegli) (disegni di P.
Biagi, fotografie di E. Starnini).
Gli scavi condotti dalla missione Spagnola e Italiana negli
anni 1953-1956 hanno confermato l’importanza della cavità
abitata, ed anche impiegata come area sepolcrale, durante diversi periodi del Neolitico (Delfino, 1981: 88). Dallo strato I e
II degli scavi degli anni Cinquanta provengono numerosi reperti
attribuibili alla Cultura della Ceramica Impressa fra cui reperti
ceramici con impressioni cardiali ed un frammento di anellone
in marmo bianco (Almagro et al., 1957).
Sull’Altipiano delle Mànie, lungo la parete occidentale di
una vallecola tributaria della Valle dei Ponci, si apre, a 220 m
di altezza, il Riparo di Pian del Ciliegio (Del Lucchese, 2009)
42
(fig. 1, n. 17). Le ricerche condotte nel 1992-1997 dalla Soprintendenza Archeologica della Liguria hanno dimostrato che
la cavità venne insediata principalmente in diversi periodi del
Neolitico Medio. I pochi frammenti ceramici caratteristici della Cultura della Ceramica Impressa rinvenuti sparsi all’interno
del deposito, in posizione secondaria, indicano che il riparo era
stato abitato anche nel Neolitico Antico (Del Lucchese e Scotti,
2009). Interessante da sottolineare che l’analisi archeometrica
di questi frammenti ha rivelato la presenza di un esemplare di
importazione dal territorio tosco-laziale (Capelli et al., 2009a,
2009b).
La Caverna delle Fate, lungo la parete orientale della Valle dei Ponci, a circa 100 m di altezza (fig. 1, n. 18), è nota
principalmente per le ricerche condotte nella seconda metà
dell’Ottocento nei depositi pleistocenici (Issel, 1908: 164-181),
durante le quali furono rinvenuti i resti di centinaia di individui
di Ursus spelaeus. Dal riempimento di superficie provengono
anche frammenti di ceramica neolitica alcuni dei quali attribuibili alla Cultura della Ceramica Impressa (fig. 8, n. 2) (Bernabò
Brea, 1947: 70).
L’unico insediamento all’aperto di questo aspetto sinora
rinvenuto nella Liguria di Ponente è quello di S. Sebastiano di
Perti, lungo il versante orientale della Val di Pora (Starnini e
Vicino, 1993; Capelli et al., 2006) (fig. 1, n. 19). I materiali
raccolti lungo una sezione esposta hanno rivelato la presenza di
un abitato con materiali ceramici attribuibili a svariati recipienti
della Cultura della Ceramica Impressa, fra i quali ne figurano
alcuni decorati con impressioni cardiali (fig. 9, nn. 6, 8-11). Le
tre datazioni AMS ottenute su cariossidi di frumento ed orzo
hanno fornito risultati omogenei e ricadono tutte in un arco di
tempo notevolmente limitato (da OxA-21359 a OxA-19734:
Tabella 1).
La sola stazione in grotta che non rientra nelle quattro regioni precedentemente descritte è quella del Capo di Bergeggi che
si apre al livello del mare alla base del promontorio stesso (fig.
1, n. 20). Da questa cavità provengono reperti neolitici ed anche
di epoche preistoriche più recenti. Fra quelli neolitici figura un
frammento d’orlo sotto il quale si trovano numerosi segmenti
lineari incisi, proveniente dalle ricerche condotte nell’Ottocento
(fig. 8, n. 3).
3. CONSIDERAZIONI
La Liguria è una regione dell’Italia settentrionale con caratteristiche territoriali peculiari e notevoli differenze geografiche e
morfologiche che distinguono nettamente la regione del Levante da quella del Ponente. Non è un caso che i due territori siano
separati dal Colle di Cadibona, che segna il punto in cui l’arco
alpino ha inizio e si chiude la catena appenninica. La sottile linea di costa Ligure funge come da cerniera tra la Provenza, ad
ovest, e la Toscana ad est, di fronte alla quale si trova la Corsica,
separata dal Mar Ligure (fig. 1).
Come accennato nell’introduzione, il territorio è pressoché
privo di aree pianeggianti che, nel Ponente, si limitano alla sola
Piana di Albenga. Nonostante molto sia stato scritto, pochissimo è noto della neolitizzazione della Liguria di Ponente mentre,
inaspettatamente, non sappiamo quasi nulla delle modalità di
questo processo nel Levante ligure che, in teoria, dovrebbe essere meglio documentato.
[page-n-9]
La Cultura della Ceramica Impressa nella Liguria di Ponente: Distribuzione, cronologia e aspetti culturali
Fig. 9. S. Sebastiano di Perti: frammenti vascolari con decorazione impressa con motivi decorativi caratteristici strumentali (nn. 1, 2, 4, 5,
7), a sequenza (n. 3) e a conchiglia (nn. 6, 8-11) (fotografie di E. Starnini).
Di fatto le nostre conoscenze del Ponente sono limitate principalmente alle informazioni fornite da poche stazioni in grotta,
che si aprono in territori ben definiti e limitati da un punto di
vista geografico (Biagi e Nisbet, 1986), dalle quali gli scavi hanno posto in luce delle sequenze neolitiche che sono state solo
in alcuni casi radiodatate (Caverna delle Arene Candide, Arma
dell’Aquila, Grotta Pollera, Arma di Nasino). Le altre località
sono nel complesso poco utili per lo studio della neolitizzazione
della regione in quanto si tratta o di sequenze molto limitate in
grotta, sulle quali solo in alcuni casi sono state eseguite datazioni radiocarboniche (Grotta dell’Edera, Grotta di S. Eusebio,
Grotta Mandurea, Varé, Grotta del Pertusello, Arma dello Stefanin), oppure di rinvenimenti di frammenti ceramici isolati (si
vedano le altre località).
Di conseguenza le poche informazioni che conosciamo derivano da situazioni anomale da un punto di vista archeologico, oltre che poco facilmente controllabili da un punto di vista
stratigrafico e sedimentario, quali appunto sono le sequenze in
grotta (Schmid, 1969; Brush et al., 2010). Se a questo aggiungiamo che le uniche stazioni utilizzabili per uno studio dettagliato sono solamente le quattro sopraccitate, tre delle quali per
altro note da decenni (De Pascale, 2008), non è difficile concludere che le nostre conoscenze sull’argomento sono notevolmente carenti e non sono certo progredite di molto negli ultimi
trent’anni (Biagi, 1987).
Alle considerazioni di cui sopra va aggiunto che 1) solamente sette stazioni della Liguria di Ponente sono state sinora
radiodatate (Pearce, 2013: fig. 3.27), 2) molte delle datazioni
assolute sinora disponibili non sono state ottenute con il metodo dell’acceleratore spettrometro di massa (AMS), 3) che la
loro deviazione standard è in molti casi troppo alta per poter
costruire una sequenza dettagliata, 4) che spesso non sono stati
impiegati laboratori di ricerca, bensì commerciali, e 5) che quasi
tutti i risultati non derivano da progetti di ricerca sistematici
(Tabelle 1 e 2). Le uniche seriazioni attendibili, costruite grazie
a datazioni AMS in seguito a progetti di ricerca definiti, sono di
fatto quella dell’Arma dell’Aquila (Mannino et al., 2015) e del
sito all’aperto di S. Sebastiano di Perti (Starnini e Vicino, 1993;
Capelli et al., 2006), come è chiaramente visibile nella struttura
della curva di calibrazione presentata nella fig. 10.
Fig. 10. Plot di tutte le datazioni radiocarboniche, calibrate secondo
OxCal 4.2.4, disponibili per i siti della Cultura della Ceramica
Impressa della Liguria di Ponente, con l’indicazione dei possibili
periodi di occupazione delle diverse stazioni Arene Candide escluse
(disegno di P. Biagi).
43
[page-n-10]
P. Biagi e E. Starnini
4. DISCUSSIONE
Il problema della neolitizzazione della Liguria di Ponente rientra nel quadro più generale della neolitizzazione del Mediterraneo centro-occidentale, e della Penisola Italiana in particolare
(Guilaine, 2003), che sappiamo aver avuto luogo in un periodo
di forti cambiamenti climatici (Weninger et al., 2006; Berger,
2009; Bernabeu et al., 2014), secondo modelli e velocità diseguali a seconda dei diversi territori, seguendo delle modalità
definite “aritmiche” (Berger e Guilaine, 2009; Guilaine, 2013).
Per quanto riguarda l’Italia, queste differenze sono documentate dalle informazioni raccolte principalmente negli insediamenti distribuiti lungo la costa Dalmata (Berger et al., 2014;
Forenbaher e Miracle, 2014; McClure et al., 2014) e la costa
Italiana dell’Adriatico (Biagi e Starnini, 1999; Biagi e Spataro,
2002; Spataro, 2002); mentre i dati a disposizione sono molto
più carenti per quella Tirrenica, principalmente a causa delle
nostre limitate conoscenze della distribuzione e della cronologia
delle stazioni del Neolitico Antico in buona parte del territorio
(Fugazzola Delpino, 2002). Le poche datazioni radiometriche
a disposizione per la Calabria (Ammerman, 1985: 59; Ammerman e Bonardi, 1985-1986; Tiné, 2009), sembrerebbero comunque indicare che il processo di neolitizzazione si realizzò in
tempi rapidi anche lungo la costa Tirrenica (Pearce, 2013: 84),
in contrasto con quanto noto per quella Adriatica occidentale.
Come si può notare nella descrizione delle località della Cultura della Ceramica Impressa della Liguria di Ponente, queste
sono rappresentate principalmente da stazioni all’interno di cavità, distribuite in territorio ristretto con caratteristiche morfologiche non comuni (fig. 1). In base alle datazioni radiometriche
disponibili, ottenute dalla sequenza della Caverna delle Arene
Candide (UB-2423) e della Grotta Pollera (MC-756) (Tabella 1
e 2), la neolitizzazione del territorio ebbe luogo intorno alla fine
dell’VIII, inizio del VII millennio BP. I risultati disponibili per
la Caverna delle Arene Candide mostrano chiaramente periodi
di interruzione di abitato durante il Neolitico Antico, in particolare fra il cluster 1 e 2 di date (Tabella 2); mentre quelle ottenute
dalle altre cavità sembrerebbero indicare che gli insediamenti
ebbero luogo in diversi periodi, forse anche con caratteristiche
di episodicità e complementarietà, talvolta anche dopo lunghi
intervalli all’interno dello stesso sito (fig. 10).
Per quanto riguarda l’inizio del periodo climatico Atlantico, i
reperti litici di superficie, raccolti principalmente lungo le pendici
e gli spartiacque dell’Appennino di Levante, fra i 750 e i 1600 m
di altezza (Franco, 2011: 274, 275), sono attribuibili al Mesolitico Castelnoviano esclusivamente in base alle loro caratteristiche tipologiche. Di conseguenza questi reperti non consentono
di formulare nessuna ipotesi circa la cronologia delle eventuali
stazioni degli ultimi cacciatori-raccoglitori nel territorio. Nulla è
noto della loro periodizzazione e la mancanza di ricerche degli
ultimi trent’anni non ha contribuito al rinvenimento di nuovi siti
rispetto agli 11 già noti negli anni Ottanta (Baffico et al., 1983;
Biagi e Maggi, 1983; Biagi, 1991: figg. 2 e 3).
L’ipotesi formulata a suo tempo circa la presenza di insediamenti castelnoviani neoliticizzati nella Liguria di Levante
(Binder e Maggi, 2001: fig. 1) da una parte non trova riscontri
nei ritrovamenti degli ultimi anni, e dall’altra non contribuisce
all’interpretazione degli eventi in seguito ai quali il processo di
neolitizzazione si sarebbe affermato (Rowley-Conwy, 2001). In
effetti le poche strutture sinora note, attribuite alle più antiche po44
polazioni neolitiche pedeappenniniche della Toscana nord-occidentale, sono radiodatate fra 6680±80 BP (Rome-548) e 6160±65
BP (Rome-427) (Tozzi e Zamagni, 2000: 65).
Inoltre, nel quadro descritto, tuttora incerto e povero di ritrovamenti, la definizione di una “facies della Pianaccia di Suvero” (dal sito eponimo nello Spezzino: Ferrari e Steffè, 2006: 88),
nella quale sono stati fatti convergere materiali litici e ceramici
eterogenei di difficile interpretazione, non è ad oggi supportata
da ritrovamenti in contesti convincenti. Da sottolineare che dal
sito eponimo scavi recenti hanno solo restituito aspetti dell’età
del Rame (Maggi, 1984a; Maggi et al., 1987), mentre i reperti
ceramici e litici sui quali è stata definita la suddetta “facies” sono
esclusivamente frutto di una raccolta di superficie, in parte tuttora
inedita, condotta da appassionati locali nel corso di un decennio
(Maggi, 1979-1980: 172-173, fig. 4; Maggi, 1984b: 47).
Ancora più recenti sono le datazioni AMS ottenute
dall’insediamento con ceramiche anche impresse scavato recentemente a Cala Giovanna Piano, nell’Isola di Pianosa, comprese
fra 6222±60 BP (LTL-1468a) e 5680±40 BP (GrA-13474) (Colombo e Tozzi, 2007: 77). Questi ultimi dati non contribuiscono
certo all’interpretazione del problema della neolitizzazione della
Liguria, anche di Ponente, della provenienza dei primi abitanti
del Finalese e della loro origine, nel quadro delle nostre conoscenze del Neolitico più antico del Mediterraneo nordoccidentale.
5. CONCLUSIONI
Come accennato precedentemente, durante il Neolitico Antico
la Liguria si trova al centro di un territorio interessato da un
aspetto culturale recentemente definito dagli studiosi francesi
Impresso-Cardiale (Binder e Sénépart 2010: 149), in base alle
caratteristiche degli stili ornamentali che decorano alcune dei
prodotti vascolari. Una proposta di periodizzazione di questa
fase era stata avanzata da Binder e Maggi (2001) che avevano
distinto un “Neolitico antico 1”, con motivi decorativi prevalentemente eseguiti con punzoni o impressioni “a sequenza” o
a “sillons d’impressions”, definito anche “Ligurien” (Roudil,
1990), riconosciuto, nella Francia sudorientale, fino all’Herault
e la Linguadoca (Roudil e Soulier, 1983; Manen, 2000; Manen
e Guilaine, 2007), e un “Neolitico antico 2”. Quest’ultimo complesso coinciderebbe con il Cardiale propriamente detto, caratterizzato da ceramiche decorate con impressioni eseguite col
margine di conchiglie marine (Nonza, 2000), che è attestato,
oltre che nell’arco liguro-provenzale, in un areale molto vasto
del Mediterraneo centro-occidentale.
La proposta di cui sopra è stata avanzata sulla base di recenti
scavi eseguiti in due siti con serie stratigrafiche che presenterebbero questi aspetti in successione: il Riparo di Pendimoun nelle
Alpi Marittime (Binder et al., 1993) e la Caverna delle Arene
Candide in Liguria (Binder e Maggi, 2001).
In quest’ultima grotta, gli scavi recenti condotti su lembi residui di deposito, lasciati intatti da precedenti ricerche, sembrano
aver dimostrato l’anteriorità dell’aspetto ceramico con decorazione ad impressioni strumentali organizzate in riquadri alternati
sulle superfici dei recipienti (fig. 5). A questo stile decorativo seguirebbe un aspetto con ceramiche impresse decorate con motivi
a fasce oblique ottenuti con il bordo della conchiglia (fig. 6, nn.
1-3). Gli scavi in oggetto, i cui risultati non sono stati ancora pubblicati in maniera esaustiva, sembrerebbero aver intercettato una
[page-n-11]
La Cultura della Ceramica Impressa nella Liguria di Ponente: Distribuzione, cronologia e aspetti culturali
parte di stratigrafia che, seppur limitata in estensione, conserverebbe due strati (9b e 10: Binder e Maggi, 2001: 417, fig. 4) con
materiali ceramici distinguibili stilisticamente, contrariamente a
quanto invece era emerso dallo studio della dispersione dei materiali degli scavi precedenti. In questo secondo caso, infatti, la
ricomposizione dei recipienti, eseguita su frammenti provenienti
da tutti i livelli della Cultura della Ceramica Impressa, e anche dai
diversi scavi del secolo scorso, ha dimostrato una dispersione sia
in orizzontale, sia in verticale dei reperti ceramici nella stratigrafia, con conseguente difficoltà di provare in modo inequivocabile la presenza di (due) frequentazioni distinte (Maggi e Starnini,
1997; Del Lucchese e Starnini, 2006-2007). È importante sottolineare, a questo proposito, che l’ultima data AMS (OxA-23072)
ottenuta da questa serie su di una cariosside di Triticum dicoccum raccolta nello strato 10, il più basso, ha restituito un risultato
coevo all’occupazione di S. Sebastiano di Perti (vedi Tabella 1).
Tuttavia, in attesa della pubblicazione completa dei dati raccolti negli ultimi scavi, la situazione del Neolitico Antico osservata delle Arene Candide sembra meglio riflettere un palinsesto di
frequentazioni difficilmente riconoscibili stratigraficamente, con
materiali fittili che rispecchiano una pluralità di stili decorativi
che, in generale, spaziano in un arco geografico molto ampio cha
va, da est, dalla Toscana nordoccidentale, ad ovest, all’Herault
(Manen, 2007: fig. 89).
Come è già stato sottolineato in un precedente lavoro (Capelli et al., 2011), la presenza di ceramiche impresse importate
in alcuni siti liguri (fig. 11), e le similitudini stringenti con la
Cultura della Ceramica Impressa di facies centro e nord tirrenica, riscontrate sia a livello stilistico (forme, decorazioni) nella
produzione fittile (fig. 12), sia negli altri aspetti della cultura
materiale, possono essere giustificate dai contatti diretti intercorsi tra le popolazioni dei siti costieri di questa parte del Mediterraneo (Negrino e Starnini, 2003; Manen et al., 2006; Manen, 2007: 163) che, come documentato, oltre a rocce silicee,
ossidiana sarda e di Palmarola e oggetti in “rocce verdi” liguri,
scambiavano forse anche beni deperibili contenuti in recipienti
ceramici (Tozzi, 2007).
Fig. 11. Arma di Nasino: frammento di recipiente profondo di
grandi dimensioni, ansato e cordonato (scavi M. Leale Anfossi, Inv.
n. 1836) con impasto contenente elementi ofiolitici, di produzione
non locale, importato da settori produttivi della Liguria orientale,
o della Toscana, o della Corsica (vedi Capelli et al., 2011: 21, 22).
Osservando il movimento delle correnti marine, si può peraltro notare come la rotta da sud-est verso nord-ovest, proposta
dalla provenienza delle ceramiche di importazione individuate
in Liguria, possa essere stata favorita dalla prevalente circolazione in senso antiorario delle correnti superficiali nel settore
alto tirrenico (Stocchino e Testoni, 1976: fig. 2; Pennacchioni,
1998: fig. 1; Pinardi e Masetti, 2000; Brandaglia, 2002: 423;
Capotondi, 2004: fig. 1).
Fig. 12. Frammenti con decorazione impressa a conchiglia associata
a impressioni puntiformi, organizzate in bande alternate: 1) dal sito
La Scola sull’Isola di Pianosa nell’arcipelago Toscano (da Ducci
et. al., 2000: fig. 4, n.1); 2) dalla Caverna delle Arene Candide,
collezioni ottocentesche (da Bernabò Brea, 1946: Tav. XXXIII, n.
17); 3) dalla Caverna delle Arene Candide, scavi S. Tiné, strato 15
(da Del Lucchese e Starnini, 2006-2007: fig. 4, n. 7).
45
[page-n-12]
P. Biagi e E. Starnini
D’altra parte è stato fatto osservare come il mantenimento
di contatti attraverso la navigazione fosse importante per la costruzione di legami sociali e identità culturali tra le popolazioni
del Neolitico Mediterraneo, e come scarsa attenzione sia stata
posta finora allo studio della circolazione via mare durante la
preistoria (Farr, 2006), principalmente nel Mediterraneo Occidentale (Zilhão, 2014). La complessità generale dei problemi
trattati in questo lavoro è già stata discussa alcuni anni fa in
molti dei suoi suoi aspetti più rilevanti (Guilaine, 2002: 47-49).
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49
[page-n-16]
Del neolític a l’edat del bronze en el Mediterrani occidental.
Estudis en homenatge a Bernat Martí Oliver.
tv sip 119, València, 2016, p. 35-49.
La Cultura della Ceramica Impressa
nella Liguria di Ponente (Italia Settentrionale):
Distribuzione, cronologia e aspetti culturali
Paolo Biagi e elisaBetta starnini
riassunto
Il presente lavoro prende in esame il problema della Cultura della Ceramica Impressa nella Liguria di Ponente. In questa
regione dell’Italia nordoccidentale sono note alcune concentrazioni di siti di questo aspetto, principalmente costituiti da livelli
di occupazione entro cavità naturali. La maggior parte delle stazioni ha restituito pochissimi reperti fittili caratteristici. Le
industrie litiche di questo periodo sono mal note e le datazioni radiometriche sono state ottenute solamente da 8 siti, nella
maggior parte dei casi senza seguire dei progetti di datazione sistematici. Il quadro di conoscenze che ne risulta è molto
frammentario, basato principalmente sulle sequenze di quelle stazioni in cui sono stati eseguiti scavi di recente, e su quelle i
cui complessi sono stati riesaminati negli ultimi anni. In base alle nostre conoscenze attuali è difficile impostare una seriazione
dei complessi Liguri che presentano comunque una cronologia variabile e, in alcuni casi, caratteristiche ceramiche eguali a
quelle dei siti della Francia meridionale (Provenza e Linguadoca) e della Toscana nord-occidentale.
parole chiave:
Ceramica Impressa, Neolitico Antico, Liguria di Ponente, Alto Tirreno, Distribuzione e Cronologia.
abstract
The Impressed Ware Culture in Western Liguria (Northern Italy): Distribution, chronology and cultural aspects. This paper
describes and discusses the Early Neolithic Impressed Ware settlement of Western Liguria. In this region the Impressed Ware
Culture sites are known mainly from caves and rock-shelters, 8 of which have been radiocarbon-dated. Most sites have yielded
just a few characteristic sherds decorated with instrumental or shell impressed patterns. The chipped stone assemblages of
this aspect are badly known. Our knowledge of the Early Neolithic of the study region is very fragmentary. It is based mainly
on the results obtained from a few recently excavated sequences, and the re-analysis of old assemblages stored in museum
collections. At present it is difficult to suggest a seriation of the Ligurian complexes. Their chronology is variable and, in some
cases, their ceramic assemblages show affinities with those from sites from Provence, Languedoc and north-western Tuscany.
keywords:
Impressed Ware Culture, Early Neolithic, Western Liguria, North Tyrrhenian Sea, Distribution and Chronology.
1. INTRODUZIONE
Il presente lavoro riguarda alcuni aspetti della Neolitizzazione
della Liguria di Ponente, una regione dell’Italia settentrionale
con caratteristiche morfologiche peculiari dove, almeno dalla
metà del’Ottocento, sono noti insediamenti attribuiti genericamente alla Cultura della Ceramica Impressa (Laviosa Zambotti,
1943: 97; Bernabò Brea, 1946; Barnett, 2000), un complesso
tuttora di non facile definizione (Vigne, 2000; Guilaine, 2007),
di cronologia variabile (Gasco, 1987; Binder, 2000; Bernabeu
Aubán e Molina Balaguer, 2009; Binder e Sénépart, 2010), e di
discussa origine (Lewthwaite, 1981; Guilaine, 2000; Mazurié
de Keroulin, 2003: 100-104; Zilhão, in stampa), che ha comunque giocato un ruolo fondamentale nella diffusione delle prime
civiltà di allevatori-agricoltori in molte regioni del Mediterraneo (Guilaine, 2003, 2013; Berger, 2009).
Stretta fra il mare e le propaggini alpine più occidentali
dell’Italia settentrionale, la Liguria di Ponente presenta pochissimi territori pianeggianti, per di più di estensione limitata, in
particolare la Piana di Albenga, dell’antropizzazione della quale tuttora conosciamo poco o nulla. Ne consegue che la nostra
attuale conoscenza della distribuzione delle stazioni neolitiche
della Liguria di Ponente è limitata quasi esclusivamente ad insediamenti posti all’interno di cavità o ripari sottoroccia (Bernabò
Brea, 1947). Questa situazione, del tutto anomala, probabilmente deriva non solo dalla geografia particolarmente corrugata del
territorio, ma anche dalla scarsità di prospezioni sistematiche e
dall’eccessiva edificazione recente, poco controllata, della fascia costiera.
Da quanto sappiamo sinora gli insediamenti della Cultura
della Ceramica Impressa della Liguria di Ponente sono dislocati in quattro sole aree (fig. 1). Queste sono, da occidente a
35
[page-n-2]
P. Biagi e E. Starnini
Fig. 1. Liguria di Ponente: distribuzione dei siti della Cultura della Ceramica Impressa menzionati nel testo: 1) Arma di Nasino, 2) Arma
dello Stefanin, 3) Grotta del Pertusello, 4) Grotta di S. Lucia Superiore, 5) Caverna del Ponte di Vara (Varé), 6) Grotta dell’Edera, 7)
Caverna delle Arene Candide, 8) Caverna della Mandurea, 9) Caverna dei Parmorari (Armorari), 10) Grotta Pollera, 11) Caverna di S.
Eusebio, 12) Caverna della Matta o del Sanguineto, 13) Caverna dell’Acqua o del Morto, 14) Caverna della Fontana o dell’Acqua, 15)
Arma dell’Aquila, 16) Caverna dei Pipistrelli (Borzini), 17) Riparo di Pian del Ciliegio, 18) Caverna delle Fate, 19) S. Sebastiano di Perti,
20) Caverna Bergeggi (disegno di P. Biagi).
oriente 1) la Val Pennavaira, 2) il Toiranese, 3) la Val Maremola e 4) il Finalese: verso quest’ultima è stata diretta principalmente la ricerca.
2. I SITI ARCHEOLOGICI
2.1. la val pennavaira
Prende il nome dal Rio Pennavaira che origina a circa 1380 m di
altezza sotto il Colle di Caprauna superato il quale si entra nella
Valle del Tanaro, in Piemonte, e di qui si scende nella Valle del
Po. Lungo la Val Pennavaira, a tratti molto incassata, con conformazione a V, si aprono numerose cavità e ripari sottoroccia
(Leale Anfossi, 1958-1961a), alcuni dei quali sono stati oggetto
di ricerche e di scavi condotti da M. Leale Anfossi a partire dagli anni Cinquanta, per conto dell’Istituto Internazionale di Studi Liguri (Bordighera) e dell’Istituto Italiano di Paleontologia
Umana (Roma) (Barker et al., 1990).
Durante le sue perlustrazioni, M. Leale Anfossi rinvenne
tre ripari sottoroccia in cui condusse scavi che hanno restituito orizzonti riconducibili alla Cultura della Ceramica Impressa:
l’Arma di Nasino (Leale Anfossi, 1967, 1974), l’Arma dello
Stefanin (Leale Anfossi, 1972) e la Grotta del Pertusello (fig. 2)
(Leale Anfossi, 1958-1961b).
36
Fig. 2. Grotta del Pertusello: fotografia originale degli scavi del 1959
di M. Leale Anfossi, a destra nell’immagine, ripresa nell’agosto del
1960 (Archivi della Soprintendenza Archeologia della Liguria).
[page-n-3]
La Cultura della Ceramica Impressa nella Liguria di Ponente: Distribuzione, cronologia e aspetti culturali
L’Arma di Nasino si apre a circa 12 km dalla linea di costa
attuale, lungo il lato settentrionale del Rio Pennavaria a circa
150 m di altezza, 18 m al di sopra del corso del fiume (fig. 1,
n. 1). Si presenta come un grande riparo sottoroccia, profondo
circa 6 m (Leale Anfossi, 1967: fig. 2), nel quale sono stati riconosciuti 15 periodi principali di occupazione compresi fra l’età
Romana e l’Epigravettiano Finale (Paleolitico Superiore). Gli
strati X, IX e anche VIII della complessa sequenza rinvenuta
all’interno del riparo hanno restituito industrie neolitiche riferibili alla Cultura della Ceramica Impressa, con ceramiche decorate anche con motivi cardiali (fig. 3, nn. 4-6) (Leale Anfossi,
1974: fig. 4). Dallo strato IX provengono la sepoltura incompleta di un giovane, deposto in posizione rannicchiata, e i crani
di due bambini rinvenuti nella parte più interna del riempimen-
to. Da carboni raccolti in diversi riquadri dello stesso strato IX
sono state ottenute 5 date radiocarboniche, che hanno fornito risultati compresi fra 6470±120 (R-267) e 5955±65 BP (R-316α)
(Alessio et al., 1968). Altre datazioni radiometriche inquadrabili
nella seconda metà del VII millennio BP sono state ottenute da
carboni raccolti nello strato VIII (vedi Tabella 1).
L’Arma dello Stefanin è un riparo che si apre a 400 m
di altezza lungo parete meridionale del corso del Rio Pennavaria, a circa 22 km dalla linea di costa attuale (fig. 1, n.
2). Venne individuata come località archeologica nel 1952, e
poi indagata a partire dallo stesso anno, fino al 1962, da M.
Leale Anfossi (1972). Gli scavi furono poi ripresi nel 1982
dalla Soprintendenza Archeologica della Liguria (Biagi et al.,
1987). Durante entrambe le ricerche, venne portato alla luce
un orizzonte di pochi centimetri di spessore contenente pochi
materiali fittili e litici attribuiti alla Cultura della Ceramica
Impressa, fra cui rari frammenti ceramici decorati con motivi
e cordoni impressi e impressioni cardiali, datato a 6610±60
BP (Bln-3276) su frammenti di carbone vegetale (Bagolini e
Biagi, 1990: 111).
La Grotta del Pertusello si trova poco a nord dell’arma
dello Stefanin, a circa 550 m di altezza, lungo la parete meridionale della Val Pennavaira (Leale Anfossi, 1958-1961b)
(fig. 1, n. 3). Gli scavi, già intrapresi da G. Chiappella (1962)
a partire dal 1952, vennero poi riaperti e portati avanti da
M. Leale Anfossi nel 1963. Lo strato IV della sequenza ha
restituito materiali attribuiti alla Cultura della Ceramica Impressa, fra cui frammenti di un grande recipiente ricostruito
decorato con cordoni verticali ed orizzontali e motivi cardiali
impressi (Bagolini e Biagi, 1990: Fig. 7, n. 8) (fig. 3, nn.
1-3). L’unica datazione radiocarbonica ottenuta su frammenti
di carbone raccolti in questo strato ha fornito un risultato
inquadrabile nella metà del VI millennio BP (R-157: Alessio
et al., 1967: 348).
2.2. il toiranese
Fig. 3. 1) disegno e fotografia del recipiente frammentario con
decorazione impressa strumentale dallo strato IV della Grotta del
Pertusello (scavi M. Leale Anfossi); 2) ricostruzione grafica del
recipiente cordonato con decorazione ad impressioni a conchiglia
dalla Grotta del Pertusello (scavi M. Leale Anfossi); 3) recipiente
pluriansato della Cultura della Ceramica Impressa dagli strati
III e IV della Grotta del Pertusello (scavi M. Leale Anfossi); 4)
ricostruzione grafica di frammento di recipiente con decorazione ad
impressioni dall’Arma di Nasino, strati VIII e IX (scavi M. Leale
Anfossi); 5) ricostruzione grafica di recipiente con decorazione
impressa strumentale dall’Arma di Nasino (scavi M. Leale Anfossi);
6) fotografia di due frammenti pertinenti e ricostruzione grafica
di recipiente con decorazione impressa strumentale dall’Arma di
Nasino, strato IX (scavi M. Leale Anfossi) (disegni di B. Bagolini e
P. Biagi, fotografie di E. Starnini).
L’unica località da cui provengono materiali attribuibili alla
Cultura della Ceramica Impressa è la Grotta di S. Lucia Superiore, ubicata lungo la fiancata occidentale della Val Varatella, a
241 m sul livello del mare (fig. 1, n. 4). Le ricerche, condotte nel
1963 a 50 m dall’ingresso, hanno messo in luce una sequenza
archeologica in cui l’orizzonte di superficie A ha restituito reperti neolitici attribuiti a diversi aspetti culturali, fra cui alcuni
decorati con impressioni cardiali (Tozzi, 1962; Maggi e Starnini, 1984: fig. 4).
2.3. la val MareMola
All’interno di Pietra Ligure, nei pressi della confluenza del corso del Torrente Giustenice nel Maremola, ad un’altezza di m
11, si apre la Caverna del Ponte di Vara, altrimenti detta Varé
(fig. 1, n. 5). Gli scavi, condotti nel 1981-1985, hanno permesso
di constatare il rimaneggiamento dei depositi della cavità, dai
quali sono stati per altro raccolti alcuni frammenti ceramici neolitici fra cui alcuni decorati con motivi cardiali impressi (Odetti,
1982-1986a; 1996: fig. 12).
Sempre in Val Maremola, lungo il versante orientale
del Bric Tampa, a circa 480 m di altezza, si trova la Grotta
dell’Edera (fig. 1, n. 6). Gli scavi aperti nella sala principale
37
[page-n-4]
P. Biagi e E. Starnini
Tabella 1. Datazioni radiocarboniche ottenuti da orizzonti della Cultura della Ceramica Impressa dei siti della Liguria di Ponente
menzionati nel testo.
Strato
Scavo
Materiale
N° Laboratorio
Data BP
Cal. BC 1σ* Bibliografia
Carboni
Carboni
Carboni
MC-756
MC-1148
MC-757
6950±100 5848±99
6880±100 5788±95
6580±100 5526±83
Tiné, 1974: 52
Odetti, 1990: 143
Tiné, 1974: 52
Grotta Pollera (Finalese)
XXIV
XXI
XXIII
S. Tiné 1971-73
S. Tiné 1971-73
S. Tiné 1971-73
S. Sebastiano di Perti (Finalese)
Sezione
Sezione
E. Starnini 1992
E. Starnini 1992
Trit. dicoccum OxA-21359
GrA-25715
Hordeum sp.
6767±39
6760±45
5677±29
5674±32
Colledge, com. pers. 2010
Capelli et al., 2006: 90
Sezione
E. Starnini 1992
Trit. vulgare
OxA-19734
6675±33
5599±29
Colledge, com. pers. 2010
Arma dell’Aquila (Finalese)
Sepoltura fanciullo C. Richard 1942
7° “focolare”
C. Richard 1942
Cranio umano OxA-V-2365-31
Cranio umano OxA-V-2365-50
6678±33
6669±34
5600±29
5596±29
Mannino et al., 2015
Mannino et al., 2015
Sepoltura Richard 1 C. Richard 1938
Sepoltura Richard 4 C. Richard 1938
3° strato sotto 5°
C. Richard 1942
“focolare”
Costa umana
Ossa umane
Carboni
OxA-V-2365-36
GrA-38257
Bln-3450
6318±33
6315±35
6240±90
5288±42
5286±42
5189±111
Mannino et al., 2015
Unpublished
Bagolini e Biagi, 1990: 11
Carboni
Bln-3276
6610±60
5559±48
Barker et al., 1990: 111
Carboni
Carboni
MC-2332
MC-2333
6510±110 5466±97
6490±110 5449±97
Odetti, 1986: 107
Odetti, 1986: 107
Carboni
Carboni
Carboni
Carboni
Carboni
R-267
R-313
R-313α
R-315
R-265
6470±120
6420±65
6400±105
6280±70
6280±120
5431±103
5400±58
5365±99
5232±93
5227±144
Alessio et al., 1968: 354
Alessio et al., 1968: 355
Alessio et al., 1968: 355
Alessio et al., 1968: 355
Alessio et al., 1968: 354
R-263
6140±110 5077±130
Alessio et al., 1968: 354
Arma dello Stefanin (Val Pennavaira)
2
P. Biagi, R. Maggi
1982-84
Grotta dell’Edera (Val Maremola)
Focolare
Focolare
G. Odetti 1976-77
G. Odetti 1976-77
Arma di Nasino (Val Pennavaira)
IXi, 2,8-3,0 m
VIII, A-B-W
VIII, A-B-W
IXs, A-B-W
IXs, B-C-L-O;
B-C-G-M
M. Leale Anfossi 1963
M. Leale Anfossi 1966
M. Leale Anfossi 1966
M. Leale Anfossi 1966
M. Leale Anfossi 1963
VIIIa, B-C-G
M. Leale Anfossi 1963 Carboni
* Date calibrate col programma CalPal online, quickcal2007 ver.1.5, utilizzando la curva di calibrazione CalPal2007_HULU.
hanno restituito reperti attribuibili a diversi periodi del Neolitico (Odetti, 1982-1986b). Alla base del deposito è stato rinvenuto un focolare con due momenti di utilizzo sovrapposti
datati a 6510±110 BP (MC-2332) e 6490±110 BP (MC-2333)
(Odetti, 1986: 107) dai quali si desume che il suo insediamento avvenne in un periodo ben definito della Cultura della Ceramica Impressa in Liguria.
2.4. il Finalese
È il territorio più ricco di cavità e di insediamenti neolitici in
grotta di tutta la Liguria di Ponente. Ad oggi sono note 12 caverne che hanno restituito complessi o materiali della Cultura
della Ceramica Impressa, oltre che un insediamento all’aperto
a S. Sebastiano di Perti (Starnini e Vicino, 1993; Capelli et al.,
2006). La descrizione dei siti segue quella degli itinerari riportati da L. Bernabò Brea nel suo lavoro sulle caverne del Finale
(Bernabò Brea, 1947).
38
La Caverna delle Arene Candide si apre, con imbocco
verso il mare, a 89 m di altezza, lungo le pendici del Monte
Caprazzoppa (fig. 1, n. 7). Dopo le prime ricerche condotte
nel’Ottocento gli scavi furono ripresi prima da L. Bernabò Brea
e L. Cardini nel 1940-1950 (Bernabò Brea, 1946, 1956; Cardini, 1980), poi da S. Tiné nel 1972-1977 (Tiné, 1986, 1999). I
risultati degli scavi di L. Bernabò Brea e L. Cardini furono poi
ripubblicati da R. Maggi et al. (1997), mentre quelli di S. Tiné,
a cura dello stesso autore (Tiné, 1999).
In particolare, durante le ricerche condotte da quest’ultimo, è
stata portata alla luce la sepoltura di un individuo adulto di sesso
maschile, deposto apparentemente nello strato 14, attribuito alla
Cultura della Ceramica Impressa (Traverso, 1999). L’inumato
giaceva con le gambe flesse all’interno di una semplice fossa,
cosparso di ocra rossa (ACT2: Canci et al., 1999). La datazione
AMS eseguita su di una costa ha restituito il risultato di 5178±25
BP (MAMS-11443) (Mannino e Talamo, com. pers. 2009) che
attribuisce, in realtà, la sepoltura alla Cultura di Chassey (fig. 4).
[page-n-5]
La Cultura della Ceramica Impressa nella Liguria di Ponente: Distribuzione, cronologia e aspetti culturali
I depositi delle Arene Candide hanno restituito una delle sequenze neolitiche più importanti del Mediterraneo, alla base della quale L. Bernabò Brea rinvenne per la prima volta, in posto,
un orizzonte della Cultura della Ceramica Impressa (figg. 5-7)
che egli ritenne la più antica espressione neolitica del Mediterraneo nord-occidentale (Bernabò Brea, 1955: 66), diffusasi
per via marittima attraverso “isole talvolta anche piccolissime”
(Bernabò Brea, 1950a: 31). A questa cultura egli attribuì “una
lunghissima durata, il che spiega le notevoli differenziazioni stilistiche, le diverse specializzazioni che essa ha raggiunto nelle
varie regioni” (Bernabò Brea, 1950a: 35).
In particolare l’analisi delle ceramiche raccolte durante le
ricerche di cui sopra (Maggi e Starnini, 1997; Traverso, 1999;
Del Lucchese e Starnini, 2006-2007) e le datazioni radiocarboniche (Tabella 2) (Maggi, 1997; Pearce, 2013: 82) hanno in
parte contribuito al miglioramento delle nostre conoscenze di
questo importante aspetto del Neolitico Antico della Liguria di
Ponente, i cui problemi, tuttora aperti (Biagi, 1987: 208), vengono discussi in dettaglio nel capitolo che segue.
Nel territorio di Borgio e di Verezzi due grotte hanno
restituito reperti della Cultura della Ceramica Impressa: La
Caverna della Mandurea (Tozzi, 1965) e la Caverna dei Parmorari o Armorari.
Fig. 4. Caverna delle Arene Candide: sepoltura rinvenuta nello
strato 14 degli scavi S. Tiné (Traverso, 1999: Tav. XV), ritenuta
della Cultura della Ceramica Impressa, in realtà da attribuire alla
Cultura di Chassey in base alla datazione AMS eseguita su una
costa dell’inumato (MAMS-11443: 5178±25 BP) (Mannino e
Talamo, com. pers. 2009).
La Caverna della Mandurea si apre a circa 40 m sul livello
del mare, subito a est del paese di Borgio Verezzi (fig. 1, n. 8). In
un piccolo saggio condotto nel 1964 è stata esposta una sequenza neolitica alla base della quale, la parte superiore dello strato
4, ha restituito frammenti ceramici della Cultura della Ceramica
Impressa (fig. 8, n. 4). Alcuni di questi presentano una decorazione cardiale, altri motivi a zig-zag di punzonature ricorrenti, o
“sillons d’impressions” (Tozzi, 1965: fig. 3).
La Caverna dei Parmorari (o Armorari) fu indagata principalmente da C. Richard (1932) che portò alla luce un’importante
sequenza del Pleistocene (fig. 1, n. 9). Al di sopra di questa la
serie Olocenica conteneva materiali neolitici attribuibili a diversi aspetti culturali, fra cui un frammento di orlo di recipiente
profondo con decorazioni incise a zig-zag forse (?) attribuibile
alla Cultura della Ceramica Impressa.
Fig. 5. Forme e decorazioni della Cultura della Ceramica Impressa
dalla Caverna delle Arene Candide: 1) tazza ansata ricomposta da
frammenti dagli strati 14 e 15 degli scavi S. Tiné e delle collezioni
ottocentesche; 2) tazza ansata ricomposta da frammenti dallo strato
14 degli scavi S. Tiné; 3) scodella ricomposta da frammenti dagli
strati 14 e 15 degli scavi S. Tiné e delle collezioni ottocentesche;
4) recipiente profondo con ansa o presa ricomposto da frammenti
dallo strato 12, 14 e 15 degli scavi S. Tiné e delle collezioni
ottocentesche; 5 e 6) frammenti di tazza troncoconica ricomposta
da frammenti raccolti negli scavi di L. Bernabò Brea e negli strati
14 e 15 degli scavi S. Tiné; 7) recipiente globulare con prese a
bugna ricomposto da frammenti degli strati 13-15 degli scavi S.
Tiné; 8) scodella ricomposta da frammenti dallo strato 14 e 15 degli
scavi S. Tiné (da Del Lucchese e Starnini, 2006-2007: fig. 1, con
modificazioni).
39
[page-n-6]
P. Biagi e E. Starnini
Fig. 6. Forme e decorazioni della Cultura della Ceramica Impressa
dalla Caverna delle Arene Candide: 1) recipiente profondo ansato
ricomposto da frammenti raccolti negli scavi di L. Bernabò Brea e
negli strati 14 e 15 degli scavi S. Tiné; 2) frammento di orlo dallo
strato 15 degli scavi S. Tiné; 3) frammento di orlo di scodella con
decorazione cardiale dallo strato 13 degli scavi S. Tiné; 4) scodella
ricomposta da frammenti dagli strati 14 e 15 degli scavi S. Tiné; 5)
olla cordonata con prese a lingua ricomposta da frammenti dagli
strati 18, 17, 15, 14 e 12 degli scavi S. Tiné; 6) olla con prese a
lingua ricomposta da frammenti dagli strati 14 e 15 degli scavi S.
Tiné; 7) olla con prese a lingua ricomposta da frammenti dagli strati
14 e 15 degli scavi S. Tiné (da Del Lucchese e Starnini, 2006-2007:
fig. 2 e 4, con modificazioni).
Fig. 7. Forme e decorazioni della Cultura della Ceramica Impressa
dalla Caverna delle Arene Candide: 1) scodella ricomposta da
frammenti dagli strati 14 e 13 degli scavi S. Tiné; 2) recipiente
profondo ovoidale ricomposto con frammenti dagli strati 14 e 15
degli scavi S. Tiné; 3) frammenti di fiasco dallo strato 14 degli scavi
S. Tiné; 4) spalla di fiasco ricomposta da frammenti dallo strato 15
degli scavi S. Tiné; 5) collo di fiasco ricomposto con frammenti
dallo strato 15, 14 e 13 degli scavi S. Tiné; 6) porzione di ventre di
fiasco ricomposta da frammenti dagli strati 25 e 27 degli scavi di
L. Bernabò Brea e degli scavi S. Tiné; 7) collo di fiasco ricomposto
da frammenti dallo strato 15 degli scavi S. Tiné (da Del Lucchese e
Starnini, 2006-2007: fig. 3-5, con modificazioni).
La Grotta Pollera si trova lungo il pendio occidentale della
rocca che domina la Valle di Pian Marino, a circa 280 m di altezza (fig. 1, n. 10). Nota sin dalla seconda metà dell’Ottocento
come località di interesse archeologico, è stata oggetto di numerose campagne di scavo a partire dal 1870 (Odetti, 1972).
Negli anni Settanta gli scavi furono ripresi a cura di S. Tiné,
durante i quali è stata rilevata un’importante sequenza neolitica, alla base della quale, nello strato III, si rinveniva per la
prima volta un deposito attribuibile alla Cultura della Ceramica Impressa, poi suddiviso in sei livelli artificiali (XXIV-XIX)
(Odetti, 1990: fig. 9).
Dal deposito rimaneggiato e dallo strato III, dello spessore
di circa 50 cm, provengono frammenti di recipienti decorati con
svariati motivi impressi strumentali e cardiali (fig. 8, nn. 6 e 7)
ed alcuni frammenti cordonati. Sfortunatamente le datazioni radiocarboniche, che si distribuiscono in un periodo lungo più di
300 anni (da MC-756 a MC-757), non concordano con la seriazione pubblicata dello scavo, e di conseguenza non è possibile
stabilire eventuali variazioni stilistiche all’interno del complesso ceramico (vedi Tabella 1).
La Caverna di S. Eusebio si trova nei pressi di Pian Marino,
lungo le pendici meridionali della Rocca Carsanca, a circa 310 m
di altezza, al di sopra del Rio La Valle (Odetti, 1983) (fig. 1, n.
11). Secondo le descrizioni fornite da N. Morelli (1893) il deposito
Neolitico si trovava in posto a circa 3 m di profondità. Fra i reperti del Neolitico Antico figura anche un vaso integro decorato con
complessi motivi impressi (fig. 8, n. 8), e un frammento di recipiente con motivi cardiali orizzontali sotto l’orlo (fig. 8, n. 9).
40
[page-n-7]
La Cultura della Ceramica Impressa nella Liguria di Ponente: Distribuzione, cronologia e aspetti culturali
Tabella 2. Caverna delle Arene Candide: datazioni radiocarboniche ottenute dagli strati della Cultura della Ceramica Impressa o da strati
che hanno restituito frammenti di Ceramica Impressa (strato 13, scavi S. Tiné).
Strato
Scavo
Materiale
N° Lab.
Data. BP Cal. BC 1σ* Bibliografia
14
14
27G
S. Tiné 1972-1977
S. Tiné 1972-1977
L. Bernabò Brea 1940-1950
6980±115 5867±106
6870±100 5780±95
6880±60 5778±60
Biagi et al., 1989: 539.
Linick, 1980: 1038-39
Maggi, 1997: 36, Tab. 2
10
10
14
R. Maggi 1996-2004-2005
R. Maggi 1996-2004-2005
S. Tiné 1972-1977
Carboni
UB-2423
Carboni
LJ-4143
Pistacia terebinthus Beta-66553
CAMS-9421
Beta-110542
Hordeum sp.
Triticum dicoccum OxA-23072
Carboni
UB-2424
6830±40 5711±32
6778±39 5682±28
6700±145 5630±117
Pearce, 2013: Table 3.47
Colledge, pers. comm. 2010
Bagolini e Biagi, 1990: 11
S. Tiné 1972-1977
L. Bernabò Brea 1940-1950
Carboni
Carboni
6490±100 5451±88
6487±175 5423±163
Linick, 1980: 1038-39
Maggi, 1997: 36, Tab. 2
9b
26ABD
R. Maggi 1996-2004-2005
L. Bernabò Brea 1940-1950
6370±50
6350±60
5377±60
5344±78
Pearce, 2013: Table 3.47
Maggi, 1997: 36, Tab. 2
13C
Tomba VII
13B
25-26
13C
13A
27C
S. Tiné 1972-1977
L. Bernabò Brea 1940-1950
S. Tiné 1972-1977
L. Bernabò Brea 1940-1950
S. Tiné 1972-1977
S. Tiné 1972-1977
L. Bernabò Brea 1940-1950
Rhamnus alaternus Beta-109619
Quercus sez. Robur Beta-66551
CAMS-9419
Carboni
UB-2422
Osso umano
GX-16963-G
Carboni
LJ-4139
Carboni
R-101
Carboni
LJ-4141
Carboni
UB-2420
Beta-66552
Phillyrea sp.
CAMS-9420
6345±180
6255±55
6230±90
6220±55
6220±100
6205±105
6150±70
5268±193
5209±85
5180±112
5180±89
5168±122
5152±129
5102±95
Bagolini e Biagi, 1990: 11
Maggi, 1997: 36, Tab. 2
Linick, 1980: 1038-39
Maggi, 1997: 36, Tab. 2
Linick, 1980: 1038-39
Bagolini e Biagi, 1990: 10
Maggi, 1997: 36, Tab. 2
Cluster 1
Cluster 2
14
25
LJ-4144
Pi-27 bis
Cluster 3
* Date calibrate col programma CalPal online, quickcal2007 ver.1.5, utilizzando la curva di calibrazione CalPal2007_HULU.
Sempre seguendo gli itinerari di cui sopra, numerose sono
le cavità lungo la parete occidentale della Valle dell’Aquila. Fra
queste la Caverna della Matta, o del Sanguineto (fig. 1, n. 12), alla
quota di 105 m, lungo il costone che divide la Valle dell’Aquila da
quella del Rio della Valle (Odetti, 2002a). Dal riempimento della
caverna provengono importanti complessi dal Neolitico Medio
all’età del Ferro, oltre che pochi frammenti fittili attribuiti alla
Cultura della Ceramica Impressa (Del Lucchese, 2002; Odetti,
2002b: Tav. I), alcuni dei quali decorati con motivi cardiali.
Alcune centinaia di metri più a nord si aprono le due Caverne dell’Acqua o del Morto (o di Zerbi) (fig. 1, n. 13) e della
Fontana o dell’Acqua (fig. 1, n. 14), poco sopra i 250 m di quota
del Bric Scimarco. Entrambe hanno restituito pochi reperti ceramici attribuibili alla Cultura della Ceramica Impressa (fig. 8,
n. 5). Gli scavi condotti nel 1982-1983 dalla Soprintendenza Archeologica della Liguria nella Caverna dell’Acqua o del Morto
hanno confermato ancora una volta la presenza del Neolitico
Antico nella cavità (Del Lucchese e Vignolo, 1989).
Lungo la parte orientale della Valle dell’Aquila si colloca la
caverna omonima (fig. 1, n. 15). Qui gli scavi di F.H. Zambelli
(1937), G. Silla (1937) e C. Richard (1941-1942) hanno portato alla luce un’importante sequenza stratigrafica con numerosi
momenti di abitazione distribuiti a partire dall’inizio del Paleolitico Superiore (Aurignaziano) all’età del Bronzo. L’Arma
dell’Aquila, che si articola in realtà in due grotte principali, un
riparo sotto roccia e il suo talus esterno, si apre a quota m 230
lungo il fianco orientale del Bric Spaventaggi, a circa 5 km dalla
linea di costa (Arobba et al., 1987).
Durante le ricerche, C. Richard rinvenne diversi orizzonti
antropici che egli chiamò “focolari” perché ricchi di carbone
vegetale, alcuni dei quali attribuibili al Neolitico, ed una serie
di sepolture per lo più distribuite fra il 7° e il 6° “focolare”.
Numerosi materiali ceramici attribuibili alla Cultura della Ceramica Impressa furono raccolti principalmente nel 7° e 6° “focolare”. Fra questi anche un esemplare reintegrato di recipiente
profondo (fig. 8, n. 1) decorato con impressioni cardiali (Bernabò Brea, 1950b). Le datazioni disponibili indicherebbero che
la cavità fu insediata in due momenti ben distinti del Neolitico
Antico da parte di popolazioni in possesso della Cultura della
Ceramica Impressa (Tabella 1) che vi deposero almeno due individui le cui datazioni AMS ci riportano ai momenti più antichi di abitazione del Neolitico a Ceramica Impressa della cavità
(OxA-V-2365-31 e 50: Mannino et al., 2015).
Nella regione di Orco, lungo la parete occidentale del corso
de La Fiumara, non distante dal punto in cui il Rio dei Cornei vi
confluisce, si apre, come una fenditura del complesso miocenico del Nava, a circa 320 m di quota, la Caverna dei Pipistrelli o
Borzini (fig. 1, n. 16).
41
[page-n-8]
P. Biagi e E. Starnini
Fig. 8. 1) disegno e fotografia del recipiente reintegrato con motivi
impressi strumentali dall’Arma dell’Aquila; 2) frammento di
scodella con decorazione impressa dalla Caverna delle Fate (scavi
Amerano, Museo di Genova-Pegli); 3) frammento con decorazione
impressa e incisa dalla Grotta di Bergeggi (scavi Modigliani o Rossi,
Museo di Genova-Pegli); 4) frammento di orlo con decorazione
impressa a sequenza dalla Caverna della Mandurea (scavi C. Tozzi
1964); 5) frammento di scodella con motivi impressi lineari dalla
caverna dell’Acqua o Fontana (Museo di Genova-Pegli); 6) due
frammenti di orlo di recipiente decorato con impressioni a sequenza
dalla Grotta Pollera (scavi S. Tiné); 7) frammento di parete di
recipiente profondo con impressioni a conchiglia dalla Grotta
Pollera (rimaneggiato scavi S. Tiné); 8 e 9) ricostruzione grafica
di due recipienti profondi con decorazioni impresse di vario tipo
dalla Caverna di S. Eusebio (Museo di Genova-Pegli) (disegni di P.
Biagi, fotografie di E. Starnini).
Gli scavi condotti dalla missione Spagnola e Italiana negli
anni 1953-1956 hanno confermato l’importanza della cavità
abitata, ed anche impiegata come area sepolcrale, durante diversi periodi del Neolitico (Delfino, 1981: 88). Dallo strato I e
II degli scavi degli anni Cinquanta provengono numerosi reperti
attribuibili alla Cultura della Ceramica Impressa fra cui reperti
ceramici con impressioni cardiali ed un frammento di anellone
in marmo bianco (Almagro et al., 1957).
Sull’Altipiano delle Mànie, lungo la parete occidentale di
una vallecola tributaria della Valle dei Ponci, si apre, a 220 m
di altezza, il Riparo di Pian del Ciliegio (Del Lucchese, 2009)
42
(fig. 1, n. 17). Le ricerche condotte nel 1992-1997 dalla Soprintendenza Archeologica della Liguria hanno dimostrato che
la cavità venne insediata principalmente in diversi periodi del
Neolitico Medio. I pochi frammenti ceramici caratteristici della Cultura della Ceramica Impressa rinvenuti sparsi all’interno
del deposito, in posizione secondaria, indicano che il riparo era
stato abitato anche nel Neolitico Antico (Del Lucchese e Scotti,
2009). Interessante da sottolineare che l’analisi archeometrica
di questi frammenti ha rivelato la presenza di un esemplare di
importazione dal territorio tosco-laziale (Capelli et al., 2009a,
2009b).
La Caverna delle Fate, lungo la parete orientale della Valle dei Ponci, a circa 100 m di altezza (fig. 1, n. 18), è nota
principalmente per le ricerche condotte nella seconda metà
dell’Ottocento nei depositi pleistocenici (Issel, 1908: 164-181),
durante le quali furono rinvenuti i resti di centinaia di individui
di Ursus spelaeus. Dal riempimento di superficie provengono
anche frammenti di ceramica neolitica alcuni dei quali attribuibili alla Cultura della Ceramica Impressa (fig. 8, n. 2) (Bernabò
Brea, 1947: 70).
L’unico insediamento all’aperto di questo aspetto sinora
rinvenuto nella Liguria di Ponente è quello di S. Sebastiano di
Perti, lungo il versante orientale della Val di Pora (Starnini e
Vicino, 1993; Capelli et al., 2006) (fig. 1, n. 19). I materiali
raccolti lungo una sezione esposta hanno rivelato la presenza di
un abitato con materiali ceramici attribuibili a svariati recipienti
della Cultura della Ceramica Impressa, fra i quali ne figurano
alcuni decorati con impressioni cardiali (fig. 9, nn. 6, 8-11). Le
tre datazioni AMS ottenute su cariossidi di frumento ed orzo
hanno fornito risultati omogenei e ricadono tutte in un arco di
tempo notevolmente limitato (da OxA-21359 a OxA-19734:
Tabella 1).
La sola stazione in grotta che non rientra nelle quattro regioni precedentemente descritte è quella del Capo di Bergeggi che
si apre al livello del mare alla base del promontorio stesso (fig.
1, n. 20). Da questa cavità provengono reperti neolitici ed anche
di epoche preistoriche più recenti. Fra quelli neolitici figura un
frammento d’orlo sotto il quale si trovano numerosi segmenti
lineari incisi, proveniente dalle ricerche condotte nell’Ottocento
(fig. 8, n. 3).
3. CONSIDERAZIONI
La Liguria è una regione dell’Italia settentrionale con caratteristiche territoriali peculiari e notevoli differenze geografiche e
morfologiche che distinguono nettamente la regione del Levante da quella del Ponente. Non è un caso che i due territori siano
separati dal Colle di Cadibona, che segna il punto in cui l’arco
alpino ha inizio e si chiude la catena appenninica. La sottile linea di costa Ligure funge come da cerniera tra la Provenza, ad
ovest, e la Toscana ad est, di fronte alla quale si trova la Corsica,
separata dal Mar Ligure (fig. 1).
Come accennato nell’introduzione, il territorio è pressoché
privo di aree pianeggianti che, nel Ponente, si limitano alla sola
Piana di Albenga. Nonostante molto sia stato scritto, pochissimo è noto della neolitizzazione della Liguria di Ponente mentre,
inaspettatamente, non sappiamo quasi nulla delle modalità di
questo processo nel Levante ligure che, in teoria, dovrebbe essere meglio documentato.
[page-n-9]
La Cultura della Ceramica Impressa nella Liguria di Ponente: Distribuzione, cronologia e aspetti culturali
Fig. 9. S. Sebastiano di Perti: frammenti vascolari con decorazione impressa con motivi decorativi caratteristici strumentali (nn. 1, 2, 4, 5,
7), a sequenza (n. 3) e a conchiglia (nn. 6, 8-11) (fotografie di E. Starnini).
Di fatto le nostre conoscenze del Ponente sono limitate principalmente alle informazioni fornite da poche stazioni in grotta,
che si aprono in territori ben definiti e limitati da un punto di
vista geografico (Biagi e Nisbet, 1986), dalle quali gli scavi hanno posto in luce delle sequenze neolitiche che sono state solo
in alcuni casi radiodatate (Caverna delle Arene Candide, Arma
dell’Aquila, Grotta Pollera, Arma di Nasino). Le altre località
sono nel complesso poco utili per lo studio della neolitizzazione
della regione in quanto si tratta o di sequenze molto limitate in
grotta, sulle quali solo in alcuni casi sono state eseguite datazioni radiocarboniche (Grotta dell’Edera, Grotta di S. Eusebio,
Grotta Mandurea, Varé, Grotta del Pertusello, Arma dello Stefanin), oppure di rinvenimenti di frammenti ceramici isolati (si
vedano le altre località).
Di conseguenza le poche informazioni che conosciamo derivano da situazioni anomale da un punto di vista archeologico, oltre che poco facilmente controllabili da un punto di vista
stratigrafico e sedimentario, quali appunto sono le sequenze in
grotta (Schmid, 1969; Brush et al., 2010). Se a questo aggiungiamo che le uniche stazioni utilizzabili per uno studio dettagliato sono solamente le quattro sopraccitate, tre delle quali per
altro note da decenni (De Pascale, 2008), non è difficile concludere che le nostre conoscenze sull’argomento sono notevolmente carenti e non sono certo progredite di molto negli ultimi
trent’anni (Biagi, 1987).
Alle considerazioni di cui sopra va aggiunto che 1) solamente sette stazioni della Liguria di Ponente sono state sinora
radiodatate (Pearce, 2013: fig. 3.27), 2) molte delle datazioni
assolute sinora disponibili non sono state ottenute con il metodo dell’acceleratore spettrometro di massa (AMS), 3) che la
loro deviazione standard è in molti casi troppo alta per poter
costruire una sequenza dettagliata, 4) che spesso non sono stati
impiegati laboratori di ricerca, bensì commerciali, e 5) che quasi
tutti i risultati non derivano da progetti di ricerca sistematici
(Tabelle 1 e 2). Le uniche seriazioni attendibili, costruite grazie
a datazioni AMS in seguito a progetti di ricerca definiti, sono di
fatto quella dell’Arma dell’Aquila (Mannino et al., 2015) e del
sito all’aperto di S. Sebastiano di Perti (Starnini e Vicino, 1993;
Capelli et al., 2006), come è chiaramente visibile nella struttura
della curva di calibrazione presentata nella fig. 10.
Fig. 10. Plot di tutte le datazioni radiocarboniche, calibrate secondo
OxCal 4.2.4, disponibili per i siti della Cultura della Ceramica
Impressa della Liguria di Ponente, con l’indicazione dei possibili
periodi di occupazione delle diverse stazioni Arene Candide escluse
(disegno di P. Biagi).
43
[page-n-10]
P. Biagi e E. Starnini
4. DISCUSSIONE
Il problema della neolitizzazione della Liguria di Ponente rientra nel quadro più generale della neolitizzazione del Mediterraneo centro-occidentale, e della Penisola Italiana in particolare
(Guilaine, 2003), che sappiamo aver avuto luogo in un periodo
di forti cambiamenti climatici (Weninger et al., 2006; Berger,
2009; Bernabeu et al., 2014), secondo modelli e velocità diseguali a seconda dei diversi territori, seguendo delle modalità
definite “aritmiche” (Berger e Guilaine, 2009; Guilaine, 2013).
Per quanto riguarda l’Italia, queste differenze sono documentate dalle informazioni raccolte principalmente negli insediamenti distribuiti lungo la costa Dalmata (Berger et al., 2014;
Forenbaher e Miracle, 2014; McClure et al., 2014) e la costa
Italiana dell’Adriatico (Biagi e Starnini, 1999; Biagi e Spataro,
2002; Spataro, 2002); mentre i dati a disposizione sono molto
più carenti per quella Tirrenica, principalmente a causa delle
nostre limitate conoscenze della distribuzione e della cronologia
delle stazioni del Neolitico Antico in buona parte del territorio
(Fugazzola Delpino, 2002). Le poche datazioni radiometriche
a disposizione per la Calabria (Ammerman, 1985: 59; Ammerman e Bonardi, 1985-1986; Tiné, 2009), sembrerebbero comunque indicare che il processo di neolitizzazione si realizzò in
tempi rapidi anche lungo la costa Tirrenica (Pearce, 2013: 84),
in contrasto con quanto noto per quella Adriatica occidentale.
Come si può notare nella descrizione delle località della Cultura della Ceramica Impressa della Liguria di Ponente, queste
sono rappresentate principalmente da stazioni all’interno di cavità, distribuite in territorio ristretto con caratteristiche morfologiche non comuni (fig. 1). In base alle datazioni radiometriche
disponibili, ottenute dalla sequenza della Caverna delle Arene
Candide (UB-2423) e della Grotta Pollera (MC-756) (Tabella 1
e 2), la neolitizzazione del territorio ebbe luogo intorno alla fine
dell’VIII, inizio del VII millennio BP. I risultati disponibili per
la Caverna delle Arene Candide mostrano chiaramente periodi
di interruzione di abitato durante il Neolitico Antico, in particolare fra il cluster 1 e 2 di date (Tabella 2); mentre quelle ottenute
dalle altre cavità sembrerebbero indicare che gli insediamenti
ebbero luogo in diversi periodi, forse anche con caratteristiche
di episodicità e complementarietà, talvolta anche dopo lunghi
intervalli all’interno dello stesso sito (fig. 10).
Per quanto riguarda l’inizio del periodo climatico Atlantico, i
reperti litici di superficie, raccolti principalmente lungo le pendici
e gli spartiacque dell’Appennino di Levante, fra i 750 e i 1600 m
di altezza (Franco, 2011: 274, 275), sono attribuibili al Mesolitico Castelnoviano esclusivamente in base alle loro caratteristiche tipologiche. Di conseguenza questi reperti non consentono
di formulare nessuna ipotesi circa la cronologia delle eventuali
stazioni degli ultimi cacciatori-raccoglitori nel territorio. Nulla è
noto della loro periodizzazione e la mancanza di ricerche degli
ultimi trent’anni non ha contribuito al rinvenimento di nuovi siti
rispetto agli 11 già noti negli anni Ottanta (Baffico et al., 1983;
Biagi e Maggi, 1983; Biagi, 1991: figg. 2 e 3).
L’ipotesi formulata a suo tempo circa la presenza di insediamenti castelnoviani neoliticizzati nella Liguria di Levante
(Binder e Maggi, 2001: fig. 1) da una parte non trova riscontri
nei ritrovamenti degli ultimi anni, e dall’altra non contribuisce
all’interpretazione degli eventi in seguito ai quali il processo di
neolitizzazione si sarebbe affermato (Rowley-Conwy, 2001). In
effetti le poche strutture sinora note, attribuite alle più antiche po44
polazioni neolitiche pedeappenniniche della Toscana nord-occidentale, sono radiodatate fra 6680±80 BP (Rome-548) e 6160±65
BP (Rome-427) (Tozzi e Zamagni, 2000: 65).
Inoltre, nel quadro descritto, tuttora incerto e povero di ritrovamenti, la definizione di una “facies della Pianaccia di Suvero” (dal sito eponimo nello Spezzino: Ferrari e Steffè, 2006: 88),
nella quale sono stati fatti convergere materiali litici e ceramici
eterogenei di difficile interpretazione, non è ad oggi supportata
da ritrovamenti in contesti convincenti. Da sottolineare che dal
sito eponimo scavi recenti hanno solo restituito aspetti dell’età
del Rame (Maggi, 1984a; Maggi et al., 1987), mentre i reperti
ceramici e litici sui quali è stata definita la suddetta “facies” sono
esclusivamente frutto di una raccolta di superficie, in parte tuttora
inedita, condotta da appassionati locali nel corso di un decennio
(Maggi, 1979-1980: 172-173, fig. 4; Maggi, 1984b: 47).
Ancora più recenti sono le datazioni AMS ottenute
dall’insediamento con ceramiche anche impresse scavato recentemente a Cala Giovanna Piano, nell’Isola di Pianosa, comprese
fra 6222±60 BP (LTL-1468a) e 5680±40 BP (GrA-13474) (Colombo e Tozzi, 2007: 77). Questi ultimi dati non contribuiscono
certo all’interpretazione del problema della neolitizzazione della
Liguria, anche di Ponente, della provenienza dei primi abitanti
del Finalese e della loro origine, nel quadro delle nostre conoscenze del Neolitico più antico del Mediterraneo nordoccidentale.
5. CONCLUSIONI
Come accennato precedentemente, durante il Neolitico Antico
la Liguria si trova al centro di un territorio interessato da un
aspetto culturale recentemente definito dagli studiosi francesi
Impresso-Cardiale (Binder e Sénépart 2010: 149), in base alle
caratteristiche degli stili ornamentali che decorano alcune dei
prodotti vascolari. Una proposta di periodizzazione di questa
fase era stata avanzata da Binder e Maggi (2001) che avevano
distinto un “Neolitico antico 1”, con motivi decorativi prevalentemente eseguiti con punzoni o impressioni “a sequenza” o
a “sillons d’impressions”, definito anche “Ligurien” (Roudil,
1990), riconosciuto, nella Francia sudorientale, fino all’Herault
e la Linguadoca (Roudil e Soulier, 1983; Manen, 2000; Manen
e Guilaine, 2007), e un “Neolitico antico 2”. Quest’ultimo complesso coinciderebbe con il Cardiale propriamente detto, caratterizzato da ceramiche decorate con impressioni eseguite col
margine di conchiglie marine (Nonza, 2000), che è attestato,
oltre che nell’arco liguro-provenzale, in un areale molto vasto
del Mediterraneo centro-occidentale.
La proposta di cui sopra è stata avanzata sulla base di recenti
scavi eseguiti in due siti con serie stratigrafiche che presenterebbero questi aspetti in successione: il Riparo di Pendimoun nelle
Alpi Marittime (Binder et al., 1993) e la Caverna delle Arene
Candide in Liguria (Binder e Maggi, 2001).
In quest’ultima grotta, gli scavi recenti condotti su lembi residui di deposito, lasciati intatti da precedenti ricerche, sembrano
aver dimostrato l’anteriorità dell’aspetto ceramico con decorazione ad impressioni strumentali organizzate in riquadri alternati
sulle superfici dei recipienti (fig. 5). A questo stile decorativo seguirebbe un aspetto con ceramiche impresse decorate con motivi
a fasce oblique ottenuti con il bordo della conchiglia (fig. 6, nn.
1-3). Gli scavi in oggetto, i cui risultati non sono stati ancora pubblicati in maniera esaustiva, sembrerebbero aver intercettato una
[page-n-11]
La Cultura della Ceramica Impressa nella Liguria di Ponente: Distribuzione, cronologia e aspetti culturali
parte di stratigrafia che, seppur limitata in estensione, conserverebbe due strati (9b e 10: Binder e Maggi, 2001: 417, fig. 4) con
materiali ceramici distinguibili stilisticamente, contrariamente a
quanto invece era emerso dallo studio della dispersione dei materiali degli scavi precedenti. In questo secondo caso, infatti, la
ricomposizione dei recipienti, eseguita su frammenti provenienti
da tutti i livelli della Cultura della Ceramica Impressa, e anche dai
diversi scavi del secolo scorso, ha dimostrato una dispersione sia
in orizzontale, sia in verticale dei reperti ceramici nella stratigrafia, con conseguente difficoltà di provare in modo inequivocabile la presenza di (due) frequentazioni distinte (Maggi e Starnini,
1997; Del Lucchese e Starnini, 2006-2007). È importante sottolineare, a questo proposito, che l’ultima data AMS (OxA-23072)
ottenuta da questa serie su di una cariosside di Triticum dicoccum raccolta nello strato 10, il più basso, ha restituito un risultato
coevo all’occupazione di S. Sebastiano di Perti (vedi Tabella 1).
Tuttavia, in attesa della pubblicazione completa dei dati raccolti negli ultimi scavi, la situazione del Neolitico Antico osservata delle Arene Candide sembra meglio riflettere un palinsesto di
frequentazioni difficilmente riconoscibili stratigraficamente, con
materiali fittili che rispecchiano una pluralità di stili decorativi
che, in generale, spaziano in un arco geografico molto ampio cha
va, da est, dalla Toscana nordoccidentale, ad ovest, all’Herault
(Manen, 2007: fig. 89).
Come è già stato sottolineato in un precedente lavoro (Capelli et al., 2011), la presenza di ceramiche impresse importate
in alcuni siti liguri (fig. 11), e le similitudini stringenti con la
Cultura della Ceramica Impressa di facies centro e nord tirrenica, riscontrate sia a livello stilistico (forme, decorazioni) nella
produzione fittile (fig. 12), sia negli altri aspetti della cultura
materiale, possono essere giustificate dai contatti diretti intercorsi tra le popolazioni dei siti costieri di questa parte del Mediterraneo (Negrino e Starnini, 2003; Manen et al., 2006; Manen, 2007: 163) che, come documentato, oltre a rocce silicee,
ossidiana sarda e di Palmarola e oggetti in “rocce verdi” liguri,
scambiavano forse anche beni deperibili contenuti in recipienti
ceramici (Tozzi, 2007).
Fig. 11. Arma di Nasino: frammento di recipiente profondo di
grandi dimensioni, ansato e cordonato (scavi M. Leale Anfossi, Inv.
n. 1836) con impasto contenente elementi ofiolitici, di produzione
non locale, importato da settori produttivi della Liguria orientale,
o della Toscana, o della Corsica (vedi Capelli et al., 2011: 21, 22).
Osservando il movimento delle correnti marine, si può peraltro notare come la rotta da sud-est verso nord-ovest, proposta
dalla provenienza delle ceramiche di importazione individuate
in Liguria, possa essere stata favorita dalla prevalente circolazione in senso antiorario delle correnti superficiali nel settore
alto tirrenico (Stocchino e Testoni, 1976: fig. 2; Pennacchioni,
1998: fig. 1; Pinardi e Masetti, 2000; Brandaglia, 2002: 423;
Capotondi, 2004: fig. 1).
Fig. 12. Frammenti con decorazione impressa a conchiglia associata
a impressioni puntiformi, organizzate in bande alternate: 1) dal sito
La Scola sull’Isola di Pianosa nell’arcipelago Toscano (da Ducci
et. al., 2000: fig. 4, n.1); 2) dalla Caverna delle Arene Candide,
collezioni ottocentesche (da Bernabò Brea, 1946: Tav. XXXIII, n.
17); 3) dalla Caverna delle Arene Candide, scavi S. Tiné, strato 15
(da Del Lucchese e Starnini, 2006-2007: fig. 4, n. 7).
45
[page-n-12]
P. Biagi e E. Starnini
D’altra parte è stato fatto osservare come il mantenimento
di contatti attraverso la navigazione fosse importante per la costruzione di legami sociali e identità culturali tra le popolazioni
del Neolitico Mediterraneo, e come scarsa attenzione sia stata
posta finora allo studio della circolazione via mare durante la
preistoria (Farr, 2006), principalmente nel Mediterraneo Occidentale (Zilhão, 2014). La complessità generale dei problemi
trattati in questo lavoro è già stata discussa alcuni anni fa in
molti dei suoi suoi aspetti più rilevanti (Guilaine, 2002: 47-49).
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